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l’esistenza per meglio dire di questa città, per sapere che ne porto meco un idea, tuttochè incompleta, fedele però ed esatta.


Venezia, il 14 Ottobre alle 2, di notte.

Scrivo negli ultimi istanti del mio soggiorno in questa città, imperocchè devo partire fra poco per Ferrara, colla barca corriera. Parto volentieri da Venezia, dacchè per starvi più a lungo con piacere e con profitto, avrei dovuto fare altri passi, i quali avrebbero dissestato i miei progetti. Del resto tutti se ne allontanano in questo momento, portandosi alle loro ville, o possessioni sulla terra ferma. Intanto non ho perduto qui il mio tempo, e ne riporto ricordi molti, singolari, e rari.


Il 16 Ottobre di buon mattino sulla barca.

I miei compagni di viaggio, uomini e donne, gente tutti semplice ed alla buona, stanno tuttora dormendo al basso tutti, nel camerino cabina. Io però ho passate le mie due notti sul ponte, avviluppato nel mio mantello; non faceva fresco se non verso il mattino, ed io ripeto la mia antica canzone, lascerei tutto agli abitanti del paese, purchè io potessi al pari di Didone, torre loro tanto del loro clima, che bastasse a trasformare le nostre abitazioni. La è tutt’altra esistenza. Il viaggiare a questo modo, con tempo stupendo, è piacevolissimo; la vista è monotona, ma graziosa. Il Po è fiume bellissimo, e lo sguardo non si stende oltre le sue sponde, riccamente imboschite. Ho visto pure qui, come sull’Adige, costruzioni nel fiume, le quali sono meschine, e malsane al pari di quelle della Saale.


Ferrara, il 16 nella notte.

Arrivato qui stamane per tempo, verso le sette, mi dispongo a ripartirne domattina, e per la prima volta mi