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Palermo, mercoledì 11 aprile 1787.

Dopo avere ora visitati i due punti principali all’esterno della città, ci portammo al palazzo reale, dove uno staffiere affacendato, ci fece vedere tutte le stanze, e quanto in esse si contiene. Con nostro grave dispiacere trovammo in gran disordine la sala dove si conservano gli oggetti antichi, imperocchè si stava lavorando a rinnovarne la decorazione architettonica. Le statue erano state tolte dai loro piedistalli; si trovavano coperte da tele, nascoste dai ponti, in guisa che, ad onta di tutto il buon volere della nostra guida, e degli sforzi degli operai, non ne abbiamo potuto prendere idea, se non molto imperfetta. Mi stavano a cuore più di ogni altra cosa i due arieti in bronzo, i quali, veduti anche in quelle sfavorevoli condizioni, valgono a soddisfare grandemente il senso artistico. Sono rappresentati coricati, con una zampa stesa in avanti, e con il capo rivolto in diversa direzione per dovere stare l’uno di fronte all’altro. Sono due figure possenti della famiglia mitologica, degne di portare Friso ed Elle. La lana non è punto corta e crespa, ma lunga, liscia, che ricade lungo il corpo; ed il tutto, eseguito con grande verità ed eleganza, appartiene fuor di dubbio ai tempi migliori dell’arte greca. Vuolsi che quei due animali si trovassero nel porto di Siracusa.

Di là ci portò la nostra guida a visitare le catacombe al di fuori della città, le quali sono disposte in ordine architettonico, e non sono già cave di pietre abbandonate, e ridotte ad uso di sepolture. Scorgonsi volte, aperte nelle pareti verticali di un tufo abbastanza compatto, ed in quello si praticarono nicchie per le sepolture, scavate tutte nel vivo, senz’opera alcuna di muratura. Le nicchie più in alto sono più ristrette, e negli spazi sopra i pilastri, si praticarono le tombe per i ragazzi.