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quanto avrebbe voluto, e lascino talvolta le sue opere a desiderare, nei particolari.
Il convento della Carità pertanto, deve essere tenuto in tanto maggior pregio, dacchè il maestro aveva ivi campo libero, e poteva dar corso senza intoppi al suo genio. Se quell’edificio avesse avuto suo compimento, non vi sarebbe forse opera architettonica più perfetta, nei tempi moderni.
Comprendo ognora più le sue idee, a misura leggo le sue opere, e scorgo in qual modo avesse egli studiati gli antichi; scrive poco, ma ogni sua parola ha il suo peso. Il suo quarto libro, il quale tratta dei templi antichi, si deve dire una vera introduzione al retto studio dei monumenti dell’antichità.
Il 6 Ottobre.
Ieri sera assistetti nel teatro di S. Crisostomo, alla rappresentazione dell’Elettra di Crèbillon, tradotta ben inteso in italiano, e non potrei dire a qual punto mi sia spiaciuta quella tragedia, e quanto orribilmente io mi vi sia annoiato.
Gli attori erano però buoni, recitavano con molta intelligenza, ed in una scena sola, Oreste declamò ben tre narrazioni poetiche. Elettra, donnetta graziosa, di mezzana statura, di una vivacità tutta francese, di contegno decente, declamava i versi a dovere, se non che sbagliò pur troppo dal principio alla fine, il senso della sua parte. Intanto ho avuta occasione di persuadermi, che gli endecasillabi italiani non sono guari addatti alla declamazione, imperocchè l’ultima sillaba, in generale breve, non ostante la valentia dell’attore, ferisce l’orecchio di chi l’ascolta.
Il 6 Ottobre.
Questa mane di buon ora mi sono recato alla funzione a cui assiste tutti gli anni in questo giorno, nella chiesa