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Pagina:Gogol - Novelle, traduzione di Domenico Ciampoli, 1916.djvu/125

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NOVELLE 123



XVI.

Nella città di Glukhov, il popolo si raccolse un giorno intorno a un vecchio suonatore di bandura1 e ascoltò, durante un’ora almeno, gli accordi del cieco sul suo strumento. Mai bandurista aveva sino allora cantato istorie così spaventose e nell’un tempo così ben cantate.

Egli celebrò da prima le alte geste degli antichi etmani, di Sagaidacni e di Khmelenizkij. Quel tempo non era come adesso; la gloria cosacca era al suo apogeo: essa calpestava i nemici cogli zoccoli dei suoi cavalli; e niuno ha osato di beffarsene.

Il vecchio cantò così arie gioconde, volgendo gli occhi alla folla, come se potesse vederla, e le sue dita, armate dell’ossetto, volavan come le mosche, sulle corde, che parevan risonar da sole; i giovani cogli occhi intenti al suonatore, sussurravano appena qualche parola, e non uno pensava a ridere.

— Ascoltate! — disse il vecchio, — vi conterò una storia del tempo antico.

La folla si strinse sempre più, e il cieco cominciò:

«Sotto il pan Stefano, principe di Sedmigradskij (questo principe era pure re di Polonia), vivevan due cosacchi: Ivan e Pietro. Vivevano come due fratelli. «Vedi, Ivan; quant oci avverrà, sarà diviso a mezzo; quando un di noi avrà un piacere, l’altro l’avrà egualmente; quando un di noi avrà una pena, l’altro ne prenderà la parte sua; quando l’uno avrà del bottino, sarà per l’altro la metà; se l’uno è fatto prigioniero, l’altro venderà tutto per riscattarlo; e, se non può, andrà a raggiungerlo nella prigionia». E così fu; quando i cosacchi acquistarono, ne fecero due parti: se cacciaron di greggi e di cavalli, divisero sempre.


«Il re Stefano dichiarò la guerra ai Turchi. Già combatteva i turchi da tre settimane, ma non giungeva a vin-

  1. Mandola, liuto, a quattro corde.