Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
certi scrittori macchiati dalla deplorevole abitudine di prendersela con gente che non può difendersi.
Il nostro eroe si chiamava col nome di famiglia, Basmaskin 1. Si chiamava ancora col suo nome e col nome di suo padre, Akaki Akakevic 2.
Forse il lettore troverà questi nomi un po’ strani e un po’ ricercati, ma posso assicurarlo che non lo sono punto e che le circostanze m’hanno messo nella impossibilità di sceglierne altri.
Difatti, ecco cosa era avvenuto.
Akaki Akakevic, se la memoria non mi tradisce, venne al mondo nella notte del due marzo. La defunta sua madre, che aveva sposato un funzionario e che era una buona donnetta, si occupò subito, com’era doveroso, di far battezzare il neonato. Alla sua destra stava in piedi il padrino, Ivan Ivanovic Ieroskin, personaggio importantissimo, che era incaricato di registrare gli atti del Senato; e, a sinistra, la madrina, Arina Semenovna Belocruskow, moglie d’un ispettore di polizia, dotata di rare virtù.
Si proposero tre nomi a scelta alla puerpera: Mokuis, Kokuis e Shosdakuis.
— No, disse lei, — nessuno dei tre mi piace.
Per sodisfare i suoi desideri, si aprì l’almanacco in un altro luogo, e si mise il dito su due altri nomi: Trifili e Warasciatins.
— Ma è una punizione del buon Dio! — esclamò la madre. — Si videro mai simili nomi! È la prima volta in vita che ne sento parlare. Fosse almeno Waradat o Baruch, ma Trifili e Warasciatins!
Si sfoglio nuovamente l’almanacco e si trovò Pavsikachi e Wachlissi.
— No. Davvero, — disse la madre, la sorte è avversa; se non vi è meglio da scegliere, e’ si tenga il nome di suo padre. Il padre si chiama Akaki. Ebbene... anche il figlio si chiami Akaki.
Ed ecco come lo si battezzò Akaki Akakevic.
Il fanciullo fu spruzzato d’acqua, il che lo fece gridare e dimenar con ogni sorta di smorfie, come se avesse previsto che un giorno diventerebbe consigliere titolare.