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N O V E L L E | 75 |
indaco. Giunto di lì a qualche passo, quanti mai? forse una decina, si ferma.
— Salute, Massimo! gli è proprio Dio che ci ha condotti a incontrarci!
Il nonno aggrottò le ciglia, battendo le palpebre.
— Ah, salute! Buondì! d’onde Dio vi mena? Oh, ve’ ve Boliacka. Buondì, buondì, fratello! ma qual diavolo! Or eccovi tutti, Krutotiscenko, e Pecerizja, e Kovelek, e Stezko! Salute!... Ah, ah!... oh, oh!...
E lì, tutti ad abbracciarsi e non finirla.
Staccarono i buoi e li lasciaron pascere nell’erba; i carri restarono sulla strada, e gli amici si sedettero a cerchio innanzi al kuren e accesero le pipe.
Dopo la merenda, il nonno si sedette ad offrire agli ospiti melloni e cocomeri. Ognuno, preso il suo, lo mondò bene col coltello (giacchè eran tutti arnesi scelti, sgrossati, che sapevan come si mangian fra gente da bene, disposti a sedersi lì per lì persino alla mensa d’un pan1; e fatta questa bisogna, ciascuno fece un buco col dito, bevve il succo che colava; tagliò poi la polpa in fette e via in bocca.
— O perchè mai, ragazzi, — disse il nonno, — restate costì a bocca aperta? ballate, figli di cani!2 Dov’hai il piffero, Ostap? su, la kosaska? Foma, i pugni a’ fianchi; orsù! via! Così, così! batti chè pesto?
Allora, io era un gabbianotto. Maledetta vecchiaia! Adesso nel bel mezzo di qualche pezzo un po’ complicato, le gambe mi si piegano e inciampo a ogni piè sospinto. Il nonno stette a guardarci a lungo seduto fra i cumakij. Credo per fermo che le sue gambe invece non potessero restar oltre sulle mosse o fosse sul punto di slanciarsi.
— Guarda, Foma, — disse Ostap: disse Ostap: — non ti pare che il vecchio barbogio voglia buttarsi a ballare?
Pensate; non aveva finito di proferir quelle parole, che il vecchio le troncò di netto. Lui voleva, si capisce, fare il bravo dinanzi ai cumakij.
— Va là, figlio del diavolo! O si balla così? — disse rizzandosi sulle gambe, a mani protese e cozzando le calcagna.
Davvero, non c’è che dire, egli ballava come se ac-