Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/15

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TARAS BUL'BA


— Guardate, buona gente: il vecchio è impazzito! Proprio gli ha dato di volta il cervello! — diceva la pallida magra e buona mamma dei ragazzi, che s’era fermata sulla soglia e non aveva fatto in tempo ad abbracciare i suoi figli adorati. — I figli sono venuti a casa; è piú d’un anno che non li vedevamo; e lui va a pensare, indovinate un po’: di fare a pugni!

— Ohé, si batte a meraviglia! — disse Bul’ba, fermandosi. — Vivaddio, bravo! — continuò raddrizzando un po’ la persona. — Quand’è cosí, meglio non fare neppure la prova! buon cosacco sarà! Oh via, buon giorno, figliuolo! abbracciamoci! — E padre e figlio cominciarono a baciarsi. — Bene, figliuolo! Cosí picchia tutti, come hai sgrugnato me: non ti lasciare sfuggire nessuno! Ma dopo tutto, il tuo vestito è buffo. Che è codesta corda che ti penzola? E tu, prete, perché non ti movi, e stai costí con le braccia penzoloni? — disse poi, rivolgendosi al figlio minore — perché tu, figlio d’un cane, non mi picchi?

— Ecco un’altra bella pensata! — disse la madre, che intanto abbracciava il figlio piú giovine. — E come ancora gli viene in testa una cosa simile, che un figlio carnale percuota suo padre! Come se, poi, fosse questo il momento


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