Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/205

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TARAS BUL'BA

la Mia chiesa.» Fu un dolore per tutti la morte di Kukubjenko. Si erano già molto diradate le file dei cosacchi; molti, molti valorosi ormai erano spariti; ma non indietreggiavano e resistevano ancora i cosacchi.

— Ebbene, signori — gridò Taras rivolgendosi alle kurjenje superstiti — c’è ancora polvere nelle taschette? non si sono ottuse le sciabole? non s’è affievolita la forza cosacca? non si sono piegati i cosacchi?

— C’è ancora polvere abbastanza, o babbo; le sciabole sono ancora buone; non si è affievolita la forza cosacca; non si sono ancora piegati i cosacchi.

E i cosacchi rinnovarono i loro sforzi per modo che pareva non avessero subito alcuna perdita. Ormai tre soli dei capi-kurjenje si trovavano ancora tra i vivi; rosseggiavano dappertutto rivoli di sangue; si alvazano sempre piú alti i mucchi di cadaveri cosacchi e nemici. Levò Taras gli occhi al cielo, e già nel cielo si stendeva una lunga fila di girifalchi. Oh, non mancherà la preda a nessuno! E già intanto Meteliza era infilato da una lancia; e già la testa del secondo Pissarjenko era rotolata a terra stralunando gli occhi; e già si era abbattuto e si gonfiava per terra Ochrim Guska orrendamente squartato. — Su! — disse Taras, e fece


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