Pagina:Gogol - Taras Bul'ba, traduzione di Nicola Festa, Mondadori, Milano, 1932.djvu/393

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UNA VECCHIA AMICIZIA TRONCATA

il sole ardeva; il sudore gli grondava giú a rivi. Antonio Prokofjevic, quantunque gli dessero dei buffetti sul naso, era un uomo accorto e abile in molte cose. Solo nel fare i cambi non era molto felice. Egli sapeva molto bene quando occorre fare lo scemo, e talora sapeva regolarsi in certe circostanze e in certi frangenti in cui di rado anche un uomo intelligente è in grado di cavarsela.

Intanto che il suo talento inventivo escogitava un mezzo per persuadere Ivan Nikiforovic, e mentre egli già coraggiosamente andava incontro a tutto, una circostanza inattesa lo turbò non poco. Non è male, a questo proposito, avvisare il lettore che Antonio Prokofjevic aveva, tra l’altro, certi pantaloni di cosí strana specialità che quando li portava addosso, i cani sempre correvano a mordergli i polpacci. Come per mala sorte, quel giorno egli indossava appunto quei pantaloni, e perciò, s’era appena abbandonato ai suoi pensieri, quando un pauroso abbaiare da ogni parte colpí i suoi orecchi. Antonio Prokofjevic levò un tale urlo (nessuno sapeva gridare piú forte di lui), che non solo la nota fantesca e il ragazzo alloggiato nello smisurato soprabito gli corsero incontro, ma perfino i ragazzini della corte d’Ivan Ivanovic gli si sparsero attorno, e sebbene


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