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Pagina:Goldoni - Memorie, Sonzogno, 1888.djvu/144

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142 parte prima


mento. Fu ingannata da un giovine, che dopo averle tutto promesso, l’abbandonò volgendosi ad altr’oggetto. Rosaura corre dietro al suo amante, e giunge prima di lui; viene accettata con l’aiuto di un servitore che conosceva, cameriera della cognata del suo infedele: procura di entrare in grazia ad ognuno, e giunge a metter la famiglia in impegno di occuparsi in favore di lei. Il padre è avvocato, ed ella ha cognizione del gius romano e della pratica della curia. Il figlio maggiore ha passione per il giuoco del lotto. Rosaura gli parla delle fasi della luna, d’influenze, di costellazioni, di sogni, di cabale, di combinazioni. La moglie è civetta, e la servente mette in vista tutto ciò che può lusingare la civetteria. La fanciulla ha un’inclinazione segreta, e Rosaura se n’accorge benissimo, la fa parlare, promette di secondarla, dà coraggio all’amante timido, e s’impegna a sollecitare la loro unione. Brighella fa da servitore molto accorto, nè vi è astuzia che non conosca. Arlecchino poi è un servo balordo, che fa tutte le scimmiottate possibili, e che ora diverte gli uni, ora accarezza gli altri. Lo scopo principale di Rosaura però è di guadagnare il capo di casa; giunge infatti a guadagnarlo in modo, che egli si determina di sposarla. Torna Fiorindo, quest’è il nome del perfido amante, il padre gli dichiara la sua inclinazione, la sua idea, e il figlio vi si oppone: bisogna dunque che egli renda ragione della sua apposizione, ed ecco perciò forzato a confessare i suoi impegni con la cameriera della sua cognata. Il padre, vedendo l’impossibilità di sposarla, costringe il figlio a dar soddisfazione alla giovine da lui ingannata, obbligandolo a mantener la parola. Fiorindo recalcitra; tutti son contro di lui; ne arrossisce, ne è confuso, la sposa. Ecco il trionfo di Rosaura. Non è essa Donna dì garbo? Benchè questo titolo abbia eccitate molte critiche, io non l’ho mutato, facendo Rosaura stessa la sua giustificazione al termine della commedia. Tutti, essa dice, mi hanno finora chiamata Donna di garbo, perchè ho saputo lusingare le loro passioni, e mi sono uniformata ai loro caratteri, ed ai loro geni. Confesso adunque, che questo titolo non mi conviene, poichè per meritarlo avrei dovuto essere più sincera e meno seducente. Ora se Rosaura è stata nel corso della rappresentazione una donna scaltra ed insidiosa, addiviene con quest’ultime espressioni una donna ragionevole, una Donna di garbo. Fu fatta anche un’altra critica alla mia composizione. Si diceva che Rosaura, per donna, era troppo istruita. Su questo punto poi rimisi tutta la mia difesa in mano del bel sesso, nè mi mancarono i mezzi di smentire appieno l’ingiustizia e i pregiudizi.

Contento dell’esecuzione di questa commedia, mi congratulai colla signora Medebac e con suo marito. Quest’uomo, a cui eran note le mie opere, ed a cui avevo fatta la confidenza dei dispiaceri da me provati recentemente in Pisa, mi tenne, alcuni giorni dopo, un discorso molto serio e importante per me. È necessario che ne renda conto ai miei lettori, poichè fu appunto in conseguenza di questo colloquio avuto col Medebac, che rinunziai allo stato nuovamente da me abbracciato da tre anni, e che tornai a battere il sentiero abbandonato. Se voi siete deciso, mi disse un giorno il Medebac, di lasciar la Toscana, e avete fatto proposito di ritornare in seno dei vostri compatriotti, parenti ed amici, ho una proposta da farvi, che vi servirà almeno di riprova del conto che io fo della vostra persona e del vostro ingegno. Vi sono in Venezia, egli proseguì, due teatri per le commedie. Io m’impegno di averne un terzo, e prenderlo a fitto per cinque o sei anni, quando vogliate farmi l’onore di