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164 parte seconda

CAPITOLO VIII.

Il Bugiardo, commedia di tre atti ed in prosa, ad imitazione del Bugiardo di Cornelio. — L’Adulatore, commedia di tre atti ed in prosa. — Estratto di questa rappresentazione. — La Famiglia dell’Antiquario, commedia come sopra. — Suo compendio. — Traduzione fattane da un autore francese.

Nel tempo in cui cercavo da per tutto soggetti da commedia, mi ricordai di aver veduto recitare a Firenze in un teatro di dilettanti il Bugiardo del Cornelio, tradotto in italiano; e siccome una composizione veduta recitare si tiene a memoria sempre più facilmente, mi ricordavo benissimo di quei luoghi che più mi avevano colpito, rammentandomi inoltre di aver detto nell’atto di sentirla: questa è una buona commedia, ma il carattere del bugiardo potrebbe trattarsi in una maniera più comica. Siccome non avevo tempo di star perplesso sulla scelta degli argomenti, mi determinai a questo, somministrandomi l’immaginazione, in me allora pronta e vivissima, tal fecondità comica, che mi era perfino venuta la tentazione di creare di pianta un nuovo Bugiardo. Ma rinunziai a questo disegno. Presane la prima idea da Cornelio, rispettai il maestro e mi feci un onore d’intraprendere tal lavoro sulle tracce di lui, aggiungendo soltanto quello che mi pareva necessario per il gusto della mia nazione e per la durata della rappresentazione. Immaginai, per esempio, un amante timido, per cui risalta infinitamente l’audace carattere del bugiardo, ponendolo in certe scene molto comiche. Lelio adunque, che è il bugiardo, arriva in Venezia al lume della luna, e sentendo una serenata sul canale, si ferma per goderne. Questo era un divertimento ordinato per Rosaura sua bella da Florindo, che per timidezza non voleva comparirne l’autore. Lelio in questo mentre vede a una terrazza due donne: si accosta, entra con esse in discorso, e trova entrambe molto di suo piacere; fa cadere in bella maniera il discorso sopra la serenata di quella sera, e sente che le signorine non sanno indovinare chi ne sia l’autore; onde Lelio si arroga modestamente il merito di aver loro procurato un simile divertimento. Non avendo le due sorelle la menoma conoscenza di lui, Lelio dà loro francamente ad intendere di ritrovarsi in Venezia da lungo tempo e di essere amante: gli si chiede di quale di loro due, ma ecco appunto il segreto che non può ancora manifestare. Questa scena è a un dipresso l’istessa di Cornelio, infatti mi tenni esattamente sul medesimo piede di quella fatta dall’autore tra il bugiardo e il padre. Oltre a ciò nella scena decima sesta del second’atto vi è un sonetto dell’amante timido che mette nel massimo impaccio il bugiardo. Florindo, sempre amante e sempre timido, non osando dichiararsi apertamente, getta un foglio sulla terrazza della sua bella con alcuni versi, i quali, benchè non lo nominino addirittura, sono tali però da farne ben supporre l’autore. Rosaura si accorge del foglio, lo apre, legge, ma nulla comprende. Giunge appunto Lelio, e le dimanda che cosa legge. Un sonetto, essa risponde, indirizzato a me; ma non ne raccapezzo l’autore. Le chiede allora se trova i versi ben fatti, tenero e rispettoso lo stile. Rosaura ne sembra contenta, onde Lelio non esita un momento ad arrogarsene il merito. Nei versi di Florindo però vi son certe proposizioni contraddenti tutto