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capitolo xii 177


complimenti e congratulazioni che volentieri avrei evitate, se mi fosse stato possibile. Troppo stancò per sostenere una cerimonia di tal sorte, ed oltreciò non sapendo d’onde nascesse l’entusiasmo di quel momento, mi dispiaceva che quella commedia fosse posta al di sopra di tant’altre che mi erano assai più care. Rintracciai bensì a poco a poco il motivo di una così universale acclamazione. Questo era il trionfo dell’adempito mio impegno.

CAPITOLO XII.

Séguito de’ miei penosi lavori. — Ingratitudine del direttore. — Proposta della prima edizione del mio Teatro. — Primo volume delle mie opere. — Mio viaggio a Torino. — Alcune parole sopra questa città. — Molière, commedia in cinque atti, ed in versi. — Istoria di questo lavoro. — Suo buon successo in Torino. — Mio viaggio a Genova. — Mio ritorno a Venezia. — Prima rappresentazione del Molière in questa capitale. — Sua bella riuscita.

Molta era la felicità che nell’età di quarantatrè anni io possedeva nell’invenzione ed esecuzione de’ miei temi: ma finalmente ero uomo come gli altri; ed essendo alterata dall’assiduità del lavoro la mia salute, caddi malato, e così pagai il fio della mia follia. Sottoposto, secondo il mio solito, a qualche accesso d’ipocondria, che assaliva in un tempo medesimo e corpo e spirito, sentii che si rinnovava nel mio individuo con maggior violenza di prima. Ero spossato dalla fatica, ma l’afflizione contribuiva non poco all’attuale mio stato: bisogna dir tutto; ormai non debbo nascondere nulla al mio lettore.

Nel corso di un anno avevo scritto sedici commedie, e quantunque il direttore non le avesse richieste, pure non lasciò di trarne profitto. Qual vantaggio ne aveva io ricavato per me? Neppure un obolo sopra il prezzo convenuto per un anno. Neppur la minima gratificazione; molti elogi, molti complimenti, mai però la più piccola riconoscenza. N’ero dolente, ma non ne facevo parola. Frattanto non vivendosi di gloria, non restavami altro partito che la stampa delle mie opere. Ebbene chi lo avrebbe mai creduto? Il Medebac istesso vi si oppose, e alcuni de’ suoi protettori gli davano ragione. Costui mi contrastava quello che è diritto di ogni autore, col pretesto di aver comprate le mie opere. Siccome dovevo ancora star qualche tempo con lui, non potevo, o, per meglio dire, non volevo essere in lite con quelle persone appunto che necessariamente dovevo vedere ogni giorno. Troppo ero amico della mia pace per sacrificarla all’interesse; onde cedetti le mie pretensioni, mi contentai del permesso di far stampare ogni anno un sol volume delle mie commedie, e conobbi bene, da questo singoiar permesso appunto, che il Medebac faceva conto che io fossi addetto a lui per tutta la mia vita. Io però aspettava il termine del quinquennio per fargli i miei ringraziamenti. Diedi adunque i manoscritti di quattro mie commedie al libraio signor Antonio Bettinelli, da cui fu intrapresa la prima edizione del mio Teatro, e ne fu pubblicato il primo volume in Venezia l’anno 1751. Siccome la compagnia de’ miei comici doveva passare la primavera e l’estate in Torino, pensai che la mutazione dell’aria ed il divertimento di un viaggio potessero contribuire al ristabilimento della mia salute.