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180 parte seconda

CAPITOLO XIII.

Il Padre di famiglia, commedia di tre atti. — Analisi di questa commedia. — L’Avvocato veneziano. — Suo compendio. — Il Feudatario, suo estratto. — La Figlia obbediente. — Singolarità dei suoi episodii.

Se fosse lecito a me stesso il dar giudizio del valore delle mie composizioni secondo l’interno sentimento dell’animo, direi sicuramente molte cose in favore del Padre di famiglia di cui adesso sono per dare conto; ma non giudicando le medesime che in conseguenza della decisione del pubblico, non posso collocarlo se non se nella seconda classe delle mie commedie. In fatti, lavorato questo importante soggetto con tutta quella premura che le mie osservazioni e il mio zelo mi avevano inspirato, ero perfin tentato d’intitolarlo la Scuola dei padri, ma non toccando a fare scuola che ai gran maestri, potevo forse ingannarmi come l’autore della Scuola delle vedove. Vedute da me nel mondo madri compiacenti, matrigne ingiuste, figli male allevati e precettori pericolosi, non feci altro che riunire in un sol quadro tutti questi oggetti diversi, delineando al vivo nella natura di un padre saggio e prudente la correzione del vizio, e il vero esempio alla virtù. Vi è poi in questa commedia la parte di un altro padre, che formando l’episodio, produce l’intreccio e porta allo scioglimento. Questi ha due figlie, una allevata in casa, la seconda da una zia in cui è raffigurato allegoricamente il convento, giacchè in Italia non è permesso di pronunziare sul teatro questa parola. La prima figlia è riuscita benissimo, e l’altra ha tutti i difetti possibili nascosti sotto il manto dell’ipocrisia. Era mia intenzione dare la preferenza all’educazione domestica, e il pubblico lo intese benissimo e vi prestò la sua approvazione. A questa commedia critico-morale feci succedere un soggetto pure importante e virtuoso che incontrò infinitamente, e che fu dal pubblico collocato nella classe delle mie prime produzioni. Questo è l’Avvocato veneziano. È vero che nella commedia dell’Uomo prudente avevo dato un saggio del mio antico stato di criminalista in Toscana; ma con questa volli rinfrescare la memoria ai miei compatriotti, che ero stato avvocato civile anche in Venezia. — Alberto deve portarsi a difendere una causa in Rovigo capitale del Polesine negli Stati di Venezia. Arriva in questa città, e le sue conoscenze lo introducono nelle buone conversazioni, nelle quali s’imbatte in Rosaura, che è l’avversaria di Florindo suo cliente; Alberto trova bellissima ed amabile questa signorina, e se ne innamora. Un giorno Florindo si reca in casa del suo avvocato, lo trova accupato del suo affare, e si trattiene a discorso con lui sopra le ragioni della parte contraria. Alberto non ne fa caso alcuno, ed è sicuro della vittoria. In questo mentre dà negli occhi di detto Florindo una tabacchiera, che trovasi sulla tavola dell’avvocato, l’apre casualmente, vi vede il ritratto di Rosaura ed entra subito in diffidenza del suoi difensore. Alberto però sincero quanto intrepido, confessa la sua passione, e procura di porre in calma l’animo agitato di Florindo, accertandolo della sua probità. Con tutto questo il cliente non pare troppo contento; Alberto allora impiega tutta la sua eloquenza per fargli capire che nel caso in cui si trovavano, l’onore dell’avvocato era nelle mani