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Pagina:Goldoni - Memorie, Sonzogno, 1888.djvu/221

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capitolo xxvii 219


glia; vi conduce parenti, amici, tien tavola aperta, accoglie molta gente, sempre però senza soggezione, e senza dissestare i propri affari. Leonardo poi, che con medriocri sostanze pretende di figurare al pari degli altri, ha preso a pigione una villa egli pure a Montenero accanto a quella di Filippo, e vuole stare a competenza col suo vicino.

Apre la scena Leonardo, fa delle osservazioni e dei calcoli con Paolino suo cameriere e confidente, riguardo al dissesto de’ suoi affari, e la necessità di porvi qualche rimedio. Con tutto questo, siccome il suo vicino è per andare in campagna, bisogna seguirlo, ed è perciò necessario trovar danaro a qualunque costo; Leonardo ha uno zio molto vecchio e ricchissimo; i beni dunque dello zio pagheranno i debiti del nipote. La signorina Vittoria, sorella di Leonardo, fa essa pure i suoi preparativi per la villeggiatura di Montenero; ha già in casa quattro persone tutte occupate a lavorar per lei, e aspetta con impazienza un abito di moda, senza il quale mai e poi mai si cimenterebbe di comparire in un luogo, ove il lusso ed il buon gusto si contrastano a vicenda la preferenza.

Vi sono in Italia sarti da uomini e sarti da donne. Quest’ultimi avevano inventato una guarnizione per gli abiti del tutto nuova, alla quale avean dato il nome francese di mariage; consisteva essa in due nastri di diverso colore intrecciati fra loro in modo particolare, ed accomodati sopra una stoffa senza opera; l’abilità dunque del sarto stava unicamente nel variare i colori dei nastri e nel combinarli bene. La signorina Vittoria, avendo inteso che la sua vicina compariva in campagna col mariage, vuole assolutamente averne uno essa pure, ma il sarto, a cui va debitrice di molto, non è punto disposto a compiacerla; questo affare è per lei della più gran conseguenza, onde prega il fratello a differire la partenza per la campagna, ma egli non può, per essere nell’impegno di partire in compagnia di Giacinta che ama, ch’è ricca, e che spera di sposare. Giacinta non ama già perdutamente Leonardo, pure non lo disprezza, e non sentendo per anche inclinazione per gli altri, non ricuserebbe di dare a lui la sua mano. Lo crede bensì geloso, e però non si mariterebbe mai se non a condizione di non essere molestata. Un certo Guglielmo, giovine di buona famiglia, pulitissimo, molto garbato, ma estremamente furbo ed accorto, ama parimente Giacinta, aspira a possederla, e sa nascondere la sua fiamma e le sue mire: guadagna però l’amicizia del padre, e questi lo ammette alla conversazione, e gli offre un posto nella sua carrozza. Leonardo, che, invitato pur da Filippo, avrebbe dovuto occupare il quarto posto, è geloso di Guglielmo e ricusa di combinarsi con lui: si scusa però, differisce la partenza, e spera di andare così ai versi della sorella cui manca ancora il mariage. Niente affatto, il mariage è all’ordine; ella ha trovato il modo di averlo, ed è pronta a partire; onde la novità della sospensione del viaggio le reca sommo rammarico, l’addolora, la pone nella più gran furia. Le si fa credere che neppur Giacinta parta, e ciò vale ad acquietarla alquanto; ma si determina di andare in persona a trovarla per accertarsi se veramente ella resti o vada, e per osservare se il così vantato mariage di lei sia più bello del suo. Leonardo frattanto va a trovare un suo conoscente intimo di Filippo, e lo pone al fatto della sua inclinazione per Giacinta; lo prega di tenerne proposito col genitore, e nel tempo stesso gli confida la sua gelosia, fondata sulla libertà da Filippo concessa alla figlia, e sopratutto sul pericolo di vederla in compagnia di giovani che dánno