Pagina:Goldoni - Memorie, Sonzogno, 1888.djvu/225

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capitolo xxix 223


conduce seco la sorella ed il suo futuro cognato. L’occulto rammarico, gl’interrotti sospiri e le furbesche occhiate son confuse tra i complimenti di quei che partono e degli altri che restano. Son già tutti fuori, la sola Giacinta manca. Grazie al cielo, ella dice, eccomi una volta sola! adesso posso finalmente dare sfogo alla mia passione e sciogliere il freno alle lagrime!... Qui essa interrompe a un tratto la declamazione, si avanza e fa al pubblico il seguente discorso: «Signori, l’autore della commedia aveami assegnato in questa scena un monologo, pieno di quei sentimenti patetici di cui la mia condizione poteva esser suscettibile. Ho creduto bene di sopprimerlo, terminando qui la commedia, perchè quel poco, che ancor resta a svolgersi, servirà di materia ad una terza commedia, relativa sempre al soggetto istesso che avrem l’onore di esporvi dopo questa». Necessaria a me parve una simile dichiarazione alfine di prevenire i lamenti dei rigoristi; frattanto l’azione principale della commedia è condotta completamente al suo termine. Il matrimonio di Leonardo con Giacinta, unitamente a quello di Guglielmo con Vittoria non formano lo scopo principale del mio disegno. Infatti, m’ero proposto di far conoscere nella prima commedia la passione smoderata che han gl’Italiani per le villeggiature, e volevo nella seconda dar convincenti conferme dei pericoli originati dalla libertà che regna in simili compagnie. Aveva adempiuto esattamente al mio dovere, ed ero pronto a fare una dissertazione per sostenere che le mie due commedie erano finite; ma conveniva più mettere in scena la terza commedia da me già promessa; la feci adunque senza interpor dilazione ed ecco vene l’estratto nel capitolo che segue.

CAPITOLO XXIX.

Séguito de’ due capitoli precedenti. — Il Ritorno dalla villeggiatura, commedia di tre atti in prosa, e ultima delle tre commedie consecutive sullo stesso soggetto.

Leonardo e sua sorella di ritorno a Livorno erano affogati dai debiti, e si vedevano per ogni parte assediati dai loro creditori; conveniva adunque pagare o pregare, ma essi non facevano nè l’uno nè l’altro. Superbi nella loro indigenza, rimandavano i mercanti con cattivo garbo; e questi li perseguitavano per via di giustizia.

Leonardo non aveva altro compenso, fuorchè quello di ricorrere al signor Bernardino, suo zio, e pregarlo di dargli qualche acconto su i beni di cui credevasi erede presuntivo: ma il carattere di questo zio essendo quello d’un uomo duro ed inflessibile, Leonardo non ardisce di esporvisi da sè solo; a tale oggetto si raccomanda a Fulgenzio che lo accompagni, e vanno insieme.

Il personaggio di Bernardino non sarebbe soffribile sul teatro, quando nell’istessa commedia comparisse più di una volta. Do questa scena intera che indispettiva me stesso mentre la componevo.

SCENA V.

Camera in casa di Bernardino.

Bernardino in veste da camera all'antica, e Pasquale, poi Fulgenzio.


Ber. Chi è che mi vuole? Chi mi domanda? (a Pasquale).