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236 parte seconda


una nuova isola della Guiana nell’America meridionale. Delmiraj figlia di Gannir, e amante di Zadir, cade con gli altri selvaggi in potere degli Europei. Don Zimenes, comandante spagnuolo, getta gli occhi addosso a Deimira, la trova bella, vuole impadronirsene. L’amorosa Selvaggia proferisce la morte alla privazione del suo amante; difende i suoi diritti, ma la forza prevale alla giustizia. Essa dirottamente piange; e le sue belle lacrime giungono finalmente ad intenerire il cuore dello Spagnuolo, che rinunzia alle sue pretensioni in grazia di un amore sì virtuoso. Si vede chiaro, che questa è una commedia romanzesca. Ebbe nulladimeno un maraviglioso incontro; il diletto vi era sostenuto a maraviglia, ed io avea saputo trovar materia comica fin sul fiume delle Amazzoni.

Nelle due commedie delle quali ho parlato, vi era veramente più affetto che divertimento; onde essendo necessario rallegrare il teatro, misi in scena per la fine dell’autunno una commedia sul gusto veneziano in versi liberi, intitolata Il Campiello. Questa è una di quelle commedie dette dai Romani tabenariae, e dai Francesi populaires, ovvero poissardes. Questo Campiello, che è il luogo della scena fissa, è circondato da casuccie abitate da gente del basso popolo: vi si giuoca, vi si balla, vi si fa chiasso, ed ora è il soggiorno del buon umore, ora il teatro delle risse. Viene aperta la scena con una specie di lotto chiamato la venturina, e comparisce nel Campiello, un giovine con un paniere pieno di bei vasi di maiolica, che si fa sentire col suo grido solito ben noto; in udirlo, si affacciano subito sulle porte, alle finestre, ai terrazzini, madri e figlie.

Questo mercantucolo tiene un sacchetto in mano, dal quale fa estrarre a ciascuna delle concorrenti una pallottola per un tenue prezzo; il premio del lotto poi consiste in un vaso di detta maiolica. Le donne adunate per tal motivo non possono evitare di entrare in contrasto, ciascuna vuole esser la prima, ognuna vanta diritti di preferenza. Il pubblico intanto viene in cognizione per mezzo di questo litigio del nome e stato, e dei difetti, caratteri e intrighi di queste vicine rissose e ciarliere. Ogni ragazza ha il suo amante; la gelosia le molesta, la maldicenza le mette in discordia, e l’amore le pone in calma. Questa commedia presenta singolari avventure, molte scene comiche, molta vivezza, e una morale adattata al genere delle persone delle quali si tratta, ed applicabile, alle donne dì qualunque ceto.

Il Campiello piacque moltissimo, e tutto era ricavato dal modo di vivere del basso popolo, con quella verità, che pur troppo conoscevasi da ciascuno; di maniera che i grandi restarono contenti al pari degli inferiori, avendo io già assuefatti i miei spettatori a preferir sempre la semplicità al bello artificioso, e agli sforzi dell’immaginazione, l’ingenua natura. A una commedia così allegra ne feci succedere una piena di morale, il cui titolo era La buona Famiglia, Questa fra le mie commedie può dirsi la più utile per la civile società; infatti fu gustata molto ed applaudita dalle persone di senno, dai buoni economi delle famiglie, dai padri saggi, dalle madri prudenti, ma siccome non è questa la classe degli uomini e delle donne che fanno la fortuna degli spettacoli, così ella ebbe poche rappresentazioni, e fu più spesso recitata nelle case particolari, che su i pubblici teatri. Questa buona Famiglia, di cui parlo, è composta di un padre, di una madre, di due figli, e di un avo; questi individui formano l’insieme il più dolce, il più saggio, il più virtuso: regna fra loro la pace; e la con-