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capitolo v 275


che non credevo: con tutto questo, qualunque fosse l’incontro delle mie commedie, non andavo mai a vederle. Amavo la buona commedia, e andavo perciò al Teatro francese per trovarvi divertimento ed istruzione. Avevo già ottenuti i biglietti di libero ingresso, che fin dal giorno del mio arrivo a Parigi ebbi l’onore di vedermeli offerti; e questo mi solleticava anche più, poichè nessuno si sarebbe mai figurato che un giorno riuscisse a me pure d’essere ascritto nel catalogo degli autori francesi. Trovai questo spettacolo nazionale egualmente ben ordinato sia per le tragedie come per le commedie. I Parigini mi parlavano talvolta con entusiasmo d’attori celebri che più non esistevano, dicendomi che la natura aveva spezzato la stampa di questi gran comici. Essi per altro erano in errore. La natura fa la stampa, il modello, gli originali insieme e li rinnova poi a suo talento. Ciò succede in ogni tempo; si compiange sempre il passato, e ci lagniamo del presente; così la natura degli uomini. In riprova di ciò, si potevano forse mai desiderare due attrici più perfette della signorina Duménil e della signorina Clairon? La prima rappresentava la natura nella sua maggior verità, laddove l’altra aveva portato l’arte della declamazione al più gran punto di perfezione. Inoltre poteva egli meno stimarsi ed ammirarsi nelle parti comiche, la nobiltà e l’eleganza dell’azione della signora Préville, unitamente alla graziosa naturalezza della signorina Oligny? Quest’ultima rese un gran servizio alle donne della sua professione, provando loro che i soli guadagni teatrali possono benissimo in Francia assicurare uno stato piacevole e onesto. Il signor Kain era un portento; aveva sfavorevole il personale, la figura, la voce, ma con tutto questo l’arte l’aveva reso sublime: e il signor Brisard godeva tutti quanti i vantaggi del suo esteriore accompagnati col merito del suo ingegno.

Il signor Molé sosteneva le parti d’amoroso. Qui veramente si può dire che si ha un bel fare dei confronti investigando le fredde ceneri degli antichi attori, poichè io credo che in questo genere non vi sia mai e poi mai stato alcun soggetto più piacevole e più grande di lui. Nobile nella passione, vivace nel brio, originale nelle parti caricate, poteva veramente dirsi un Proteo, sempre vero, sempre bello, sempre maraviglioso. Riguardo al signor Préville, vidi fin da principio che tutti gli rendevano giustizia, nè mai udii far sopra di lui confronto alcuno. Egli era uno di quegli attori che non ha mai imitato veruno, e che nessuno forse potrà mai imitare. Insomma il nostro secolo ha prodotti tre gran comici quasi contemporaneamente, il Garrik in Inghilterra, il Préville in Francia, e il Sacchi in Italia. Il primo fu condotto alla sepoltura da duchi e da pari. Il secondo fu colmato di ricompense e onori. Il terzo, per quanto sia celebre, non compirà la sua vita nell’opulenza.

CAPITOLO V.

Vo alla Commedia Francese per la prima volta. — Rappresentazione del Misantropo. — Alcune parole sopra quest’opera e su gli attori. — Il padre di famiglia, del signor Diderot. — Aneddoti riguardanti quest’autore e me. — I Domenicali, società letteraria.

La prima volta che andai al Teatro francese vi si recitava il Misantropo, e il signor Grandval vi sosteneva la parte di Alceste. Quest’attore abilissimo, sommamente amato e stimato dal pubblico, ter-