Pagina:Goldoni - Memorie, Sonzogno, 1888.djvu/295

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capitolo x 293


la riforma disegnata. L’autore della scelta delle commedie italiane sbagliò perfino nella traduzione del titolo: poichè esso non significa, nè la Docte intrigante, nè la Femme accorte, come leggesi nella sua traduzione. Una donna di garbo, in italiano equivale a Une brave femme in francese; ed appunto sotto questo titolo io l’ho presentata, e ne resi conto nella seconda parte di queste Memorie. È vero che la principale attrice di questa commedia è donna scaltra ed intrigante, ma agli occhi dei personaggi della commedia comparisce poi Une brave femme, ed è a motivo di quest’apparenza che gli assegnai, per una specie d’ironia, il titolo di donna di garbo. Avrei piuttosto perdonato volentieri al traduttore l’annunzio, che i suoi due titoli erano correttivi del mio; ed avrei anche gradito, che nella sua traduzione egli si fosse presa maggior libertà, affine di porla in grado di esser letta, e renderla sopportabile in francese; ma, per aver voluto appunto tradurre il testo parola per parola, è caduto nell’inconveniente di una elocuzione insipida e triviale. Quest’opera per altro non è stata, nè poteva essere continuata. Infatti non è possibile di far altrui conoscer il genio della letteratura straniera, se non per mezzo dei pensieri, della immagini, dell’erudizione; ma conviene adattare le frasi e lo stile al genio della nazione per cui si vuole tradurre.

Le lezioni che potevo dare agli altri, le rivolgevo in séguito a me medesimo. No, non bisogna tradurre, convien creare, immaginare, inventare. Benchè non fossi ancora in grado di tentare una commedia in francese, mi ci potevo bensì provare, progredendo in qualche maniera a tastoni. Andavo dunque in traccia di soggetti, che potessero somministrarmi qualche novità: credetti un giorno di averne trovato uno, ma m’ingannai. Fui una volta invitato a pranzo in casa di una signora amabilissima, il cui contegno domestico per altro era misterioso: ci vo dunque a due ore, e trovo la signora vicino al fuoco in compagnia di un tal signore con lunghi capelli, e che non era nè consigliere al Parlamento, nè al Châtalet, nè alla Corte dei sussidii, nè a quella dei conti, nè referendario, nè avvocato, nè procuratore. La signora mi presenta al signore, e gli fa noto il mio nome. Il signore fa l’atto di volersi alzare dal suo posto: lo prego, come vuole la convenienza, di non darsi veruno incomodo; ed egli senza farsi pregare di più resta sulla seggiola. Vo’ render conto della nostra conversazione; e per evitar l’egli dice, ella dice, stenderò un dialoghetto tra il signore, la signora e me.

Signora. Signore, voi dovete conoscere per fama il signor Goldoni.

Signore. Non è questi un autore italiano?

Signora. Appunto: egli è il Mollière dell’Italia. (Conviene condonare tale esagerazione ad una garbata signora).

Signore. Oh questa sì ch’è particolare! Il signore dunque si chiama anche Molière?

Signora (ridendo). Ma non vi ho pur detto, ch’egli è il signor Goldoni?

Signore. Ebbene, signora, che c’è da ridere? l’autore francese si chiamava pure Poquelin de Molière! Perchè dunque un italiano non potrebbe chiamarsi Goldoni di Molière? (volgendosi verso me). La signora ha molto acume; ma è donna, e vuol sempre aver ragione, ma io la correggerò.

Signora (con aria brusca). Eh... via... via... quietatevi.

Signore (alla Signora). Voi siete amabile, siete ammirabile, siete divina, (volgendosi di nuovo verso di me) Signore, voi siete autore, e siete italiano, vi sarà dunque nota una commedia italiana... una