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320 parte terza


CAPITOLO XXI.

Séguito del capitolo precedente.

Atto III. Frontino annunzia al suo padrone un autore di poco credito, chiamato Giacinto. Questi entra; e dopo aver parlato di una commedia scritta da lui, ma che dai comici fu rigettata, si dà vanto di aver fatto la genealogia del signor di Casteldoro, della famiglia di Colombier, che egli fa discendere da Cristoforo Colombo. L’idea non dispiace all’uomo fastoso, onde anche l’autore è pregato di rimanere a cena; ma siccome si tratta di sborsare qualche somma, l’autore è rimandato bruscamente.

Uscito Giacinto, la Fleur, servitore del marchese di Courbois, annunzia l’arrivo dei suoi padroni. Il padre e il figlio fan conto di stare in casa del signor di Casteldoro, e mandano dalla zia la signorina Courbois, che è pure con esso loro. Ma non è troppo contento Casteldoro, che gli si domandi ospitalità con tanta franchezza; non lo dimostra però, ed esce per aver nuove della salute della futura sua sposa. Rimangono in scena Frontino e la Fleur, ed ognuno fa il quadro del carattere riguardante il proprio padrone. Quello di la Fleur è veramente ridicolo; egli parla in un modo particolare, non termina mai le sue frasi, chè ne dice solo la metà, ed il resto bisogna indovinarlo; ha poi degli intercalari singolarissimi e frequenti, e fra gli altri — bene, bene, benissimo, — ch’egli caccia per tutto a diritto e a rovescio. La casa non è ricca, ma il servizio non è grave, anzi vi si sta benissimo. Frontino poi si lagna sommamente del suo stato: il suo padrone è avaro; la Fleur adunque avrebbe delle occasioni molto buone per meglio allogarlo, ma considerato il tempo che serve Casteldoro, lo crede affezionato al suo padrone. — È vero, ho per lui molta affezione (risponde Frontino), ma non per questo voglio essere uno schiavo in catene.

Il loro colloquio è interrotto dal marchese e dal visconte, che ambedue dimandano del padrone di casa; si va pertanto in traccia del medesimo, ed in questo frattempo, restano soli i due ospiti, rendono palese il motivo del loro viaggio. Il visconte ama Eleonora, ed il marchese avrebbe una grande consolazione se potesse effettuarsi questo matrimonio. Casteldoro è loro amico, onde sperano entrambi di poter giungere all’intento col mezzo di lui. Entra frattanto Casteldoro, e dopo le solite ceremonie prega il visconte di recarsi a far visita a Dorimene sua sorella, e parla delle due forestiere senza nominarle, e senza sapere come stiano le cose fra il giovine visconte e la signorina. Il marchese resta solo con Casteldoro. Io scrivo la scena che segue fra loro due, per far meglio conoscere il carattere del marchese.

Il Conte ed il Marchese.

Mar. Orsù, giacchè siamo... (guardando intorno.) Avete voi il tempo?

Con. Sono agli ordini vostri, signor marchese.

Mar. Voi siete mio amico.

Con. Quest’è un titolo, di cui mi onoro.

Mar. Bene, bene, benissimo.

Con. (È ridicolo qualche volta.) (da sè).

Mar. Vorrei dunque pregarvi... ma... amico, liberamente, francamente...