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336 parte terza


lente: ciò non ostante, uno spettacolo di tal sorta cadde, come avevo previsto, a motivo dei drammi, che eran fatti per dispiacere in Francia, ed essere di disonore all’Italia.

Il mio amor proprio avrebbe dovuto sentire una certa compiacenza vedendo verificata appieno la mia predizione; ma, all’opposto, ne fui veramente afflitto. Quantunque non fosse troppo di mio genio l’opera comica, ciò non ostante sarei stato lietissimo se avessi udito musica italiana sopra parole italiane; parole, per altro, che si fossero potute leggere con diletto, e tradurre in francese senza rossore. Queste cattive Opere comparvero inoltre al pubblico tradotte anche e stampate, e la miglior traduzione di esse era appunto la meno sopportabile; più i traduttori si sforzavano dì esporre il testo fedelmente, più facevano conoscere le sciocchezze degli originali. Io m’era figurato che questa compagnia italiana fosse per andarsene alla fine dell’anno; ma, per quello che vedevasi, era impegnata per due: e per questa ragione restò in Parigi anche l’anno seguente. Fu appunto in questo secondo anno, che mi si fece l’onore di cercarmi, e mi fu portato uno di quei soliti cattivi drammi da accomodare. Era troppo tardi, ed il male era già fatto: una simil sorta di spettacolo era ormai troppo screditata. Sul bel principio avrei potuto sostenerlo, ma dopo la crisi da esso sofferta credetti di non poterlo più far risorgere. Conviene anche dire, che io mi sentiva punto per essere stato posto in dimenticanza nel momento più opportuno, nè mi ricordo di aver provato, da moltissimo tempo, un rincrescimento eguale a questo. Dicevano taluni, per consolarmi, che i direttori dell’Opera stimarono l’impiego, che avrebbero potuto offrirmi, troppo a me inferiore. Ma i signori direttori non sapevano di che cosa si trattasse; se essi avessero avuto la bontà di domandare su tal proposito il mio parere, avrebbero allora veduto essere eglino in necessità di avere un autore, e non un rappezzatore. Vi erano anche altri che andavano dicendo (e forse senza il menomo fondamento) che temevasi che il Goldoni fosse troppo caro. Quando avessero saputo prendermi, avrei lavorato a solo titolo di onore, e sarei poi stato caro se avessero voluto mercanteggiare; ma anche in questo caso il mio lavoro li avrebbe ben compensati, ed oso dire che questo spettacolo esisterebbe ancora a Parigi.

CAPITOLO XXVII.

Nascita del duca di Berry, figlia del conte di Artois. — Nascita di Maria Teresa Carlotta di Francia, Madama, figlia del re. — Alcune parole sull’ultima guerra, sulla marina e sulle finanze. — Rolando, opera in musica del signor Piccini. — Il presente capitolo è interrotto da una indisposizione, alla quale io son soggetto. — Singolarità di quest’incomodo. — Saggia condotta del mio medico nel curarmi, e sollievo che ne ottenni.

Nel mese di gennaio 1778 alla corte e alla città vi furono feste per la nascita del duca di Berry, figlio di monsignore il conte d’Artois. Ma qual fu poi il giubilo dei Francesi, allorquando nell’istesso anno si manifestò la gravidanza della regina! Essa diede alla luce nel mese di dicembre una principessa, alla quale fu immediatamente posto nome Maria Teresa Carlotta di Francia, col titolo di Madama, figlia del re. Questo primo frutto del matrimo-