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74 parte prima


del costume, abbisognano molte più cerimonie che in qualunque altro luogo.

Prima cerimonia. La firma del contratto con l’intervento dei parenti e degli amici; formalità che noi avevamo evitata avendo firmato il nostro alla chetichella. — Seconda cerimonia. La presentazione dell’anello. Non è già questo l’anello nuziale, ma una gioia, o un solitario, che il futuro sposo deve regalare alla sua bella. Sono invitati in quel giorno parenti e amici; grand’apparato in casa, molto fasto, la massima gala, nè si fa mai veruna adunanza in Venezia, senza che vi siano rinfreschi costosissimi. Non avevamo potuto evitarlo; il nostro matrimonio, benchè ridicolo, doveva far dello strepito; bisognava fare come gli altri, e andare fino in fondo. — Terza cerimonia. La presentazione delle perle. Alcuni giorni precedenti a quello della benedizione nuziale, la madre o la parente più prossima dello sposo, si porta a casa della signorina, le presenta un vezzo di perle fini, che ella porta regolarmente al collo da quel giorno fino al termine dell’anno del suo matrimonio. Vi sono poche famiglie, che abbiano di proprio questi vezzi di perle, o che vogliano farne la spesa; si prendono bensì a nolo, e se sono punto belli, il nolo è carissimo. Questa presentazione porta seco balli, banchetti, abiti, e per conseguenza molte spese. Non farò parola dell’altre cerimonie successive, che sono a un dipresso simili a quelle che si fanno dappertutto. Mi fermo unicamente su quella delle perle, che avrei dovuto fare, e che non feci per cento ragioni, la prima delle quali era di non aver più danaro.

Quando vidi avvicinarsi quest’ultimo preliminare di nozze, feci far parola alla mia pretesa suocera, affinchè ella mi assicurasse le tre condizioni del nostro contratto. Si trattava di rendite, delle quali bisognava darmi i titoli; di diamanti, che la madre doveva rimetter nelle mani della sua figliuola o nelle mie avanti il giorno della presentazione delle perle, e di farmi passare in tutto o in parte quella somma considerabile, che il protettore incognito le aveva promessa. Ecco il risultato del colloquio, di cui si era incaricato uno de’ miei cugini. Le rendite della signorina consistevano in una di quelle pensioni vitalizie, che la Repubblica aveva destinate a un certo numero di zitelle; è necessario però che ognuna aspetti la vacanza del posto, e dovevan morire quattro prima che la signorina St*** ne potesse godere; ella stessa poteva morire avanti di giungere a conseguire il primo posto. I diamanti poi, erano decisamente destinati per la figlia; ma la madre, che era ancor giovine, non voleva privarsene in vita, nè gli avrebbe dati che dopo morte. Riguardo poi a quel signore, il quale, non si sa perchè, doveva dar del danaro, aveva intrapreso un viaggio, nè era per tornar così presto. Eccomi pertanto molto bene accomodato e contento. Non avevo assegnamenti bastanti per sostenere un mantenimento costoso, e molto meno per eguagliare il lusso delle due coppie fortunate; il mio Studio non rendeva quasi nulla, avevo contratti dei debiti, mi vedevo sull’orlo del precipizio, ed ero amante. Ruminai, riflettei, e sostenni l’atroce guerra dell’amore e della ragione; quest’ultima facoltà dell’anima la vinse sopra l’impero dei sensi. Partecipai a mia madre la mia condizione, ed ella convenne meco con le lacrime agli occhi, che, per evitare la mia rovina, era necessario un violento partito. Impegnò i suoi capitali per pagare i miei debiti di Venezia; io le cedei i miei propri di Modena per il suo mantenimento, e presi la risoluzione di partire.

Nel momento più seducente per me, dopo il felice mio primo sag-