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136 ATTO PRIMO

Beatrice. Vi è mio figlio.

Clarice. Non è bambino, e poi il zio paterno è il custode legittimo del nipote.

Beatrice. A quel che sento, voi avete disposte le cose di questa casa: voi siete vicina ad esserne la padrona.

Clarice. Io non ho alcuna sicurezza di ciò, ma quando l’avessi...

Beatrice. Ecco il signor Conte, sarà venuto per lei. (con ironia)

Clarice. Per levarvi di pena, me n’anderò.

Beatrice. Oh, non commetta questo mal termine. (come sopra)

SCENA XI1.

Il Conte Ottavio e dette.

Ottavio. Riverisco la signora cognata.

Beatrice. Serva sua. (sostenuta)

Ottavio. M’inchino alla signora baronessa Clarice.

Clarice. Serva umilissima, signor Conte.

Ottavio. In che si divertono lor signore?

Clarice. Io parto in questo momento.

Ottavio. Forse perchè sono venuto io?

Beatrice. Sì signore, perchè siete venuto voi, la modestia la fa partire.

Ottavio. Signora mia, non son venuto per far alterare la vostra modestia. (a Clarice)

Clarice. Mia cugina si prende spasso di me. (al Conte)

Beatrice. Ed ella si prenderebbe spasso con voi. (al Conte)

Ottavio. La signora Baronessa è una damina che merita tutto.

Clarice. Voi mi mortificate.

Beatrice. Signor Conte, mi rallegro con lei.

Ottavio. Via, cara cognata, non m’invidiate questo poco di bene.

Beatrice. Anzi, per darvi piacere, me n’anderò. (vuol partire)

Ottavio. No, no, trattenetevi. Siete troppo di buon carattere.

Clarice. Signore, me n’anderò io.

  1. Sc. XIII nell’ed. Bett.