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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1907, I.djvu/256

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202 ATTO SECONDO


Dottore. Per appunto. Viene a me. Permetta che io veda, (apre e legge) Ella dunque è il signor Silvio Aretusi romano?

Silvio. Per obbedirla.

Dottore. E la sua signora dov’è?

Silvio. Nella locanda, ove siamo alloggiati, da messer Brighella.

Dottore. L’amico mi raccomanda lor signori, ed io li prego venir in casa mia, ove staranno un po’ meglio forse di quel che stiano nella locanda.

Silvio. Signore, io non intendo d’incomodarvi.

Dottore. Assolutamente V. S. mi ha da far questo piacere.

Silvio. Per oggi almeno abbiamo gente a desinare con noi.

Dottore. Bene, dunque verrò con Eleonora mia figlia e vostra serva a far una visita alla signora vostra, e questa sera favorirete da noi.

Silvio. Troppo gentile, signore. Verrò io a fare il mio dovere colla signora vostra figliuola.

Dottore. Se volete passare, siete padrone.

Silvio. Verrò a conoscere una mia padrona. (partono)

SCENA XI.

Camera di Smeraldina.

Smeraldina e Lucindo.

Smeraldina. Caro Lucindo, abbiè un poco de pazienza. Se parlo con Momolo, lo fazzo per interesse, ma el mio cuor el xe tutto per vu.

Lucindo. Questa cosa mi fa morire di gelosia.

Smeraldina. Se fussi in stato de sposarme, lo lasserave subito, ma no podè per adesso, per amor del vostro padre, e mi no so come far a viver. Sior Momolo m’ha promesso che el me vol far insegnar a ballar, e el vol che fazza la balarina.

Lucindo. Tanto peggio...

Smeraldina. Tanto meggio, che sarò in stato de vadagnar, e quando no gh’averò più bisogno de Momolo, lo licenzierò de casa.