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LA DONNA DI GARBO 441


Beatrice. Fa ch’egli venga. Avremo occasion di ridere.

Rosaura. E volete lasciarvi trovare così disabbigliata?

Beatrice. Con costui non mi prendo soggezione.

Rosaura. Eh, compatitemi. Le donne civili hanno a prendersi soggezione di tutti. Per esigere rispetto, non conviene dar confidenza. No, no, signora, state pure in contegno. Andate ad abbigliarvi nell’altra camera, e fatevi aiutare dalla signora Diana vostra cognata, che io piuttosto fra tanto lo tratterrò qui.

Beatrice. Sì, dici bene. Vado a vestirmi, trattienlo, e quando sarò vestita, lo condurrai nella mia camera1. (parte)

SCENA VIII.

Rosaura e poi Lelio.

Rosaura. Che bella cosa è questo uniformarsi ai temperamenti delle persone! Ma che fa questo signor Lelio che non viene avanti? Chi è di là! Vi è nessuno?

Lelio. È permesso ad un reverentissimo servo della signora Beatrice poter avanzare il suo ossequiosissimo passo?

Rosaura. La mia padrona viene ad essere favoritissima delle grazie di un cavalier compitissimo.

Lelio. Vostra signoria è la cameriera degnissima della signora Beatrice prestantissima?

Rosaura. Per servire Vossignoria illustrissima. (inchinandosi)

Lelio. Quanto tempo è ch’ella adorna colle industriose sue mani la beltà di madama?

Rosaura. Oggi per l’appunto il sole compisce per l’ottava volta il suo corso.

Lelio. Molto erudita, molto faconda! Oh, come bene epilogò la natura le doti del corpo e quelle dell’animo nella signora.... Qual è il suo riveritissimo nome?

Rosaura. Rosaura, per obbedirla.

  1. L’ultima parte di questa scena e il principio della seguente, come sono nelle edd. Bettin. e Paper., si leggono in Appendice.