Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, II.djvu/110

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104 ATTO PRIMO

Florindo. Questa donna vien da me custodita: e se hai che pretender da me, ti risponderò colla spada.

Lelio. Povero giovine! Ti compatisco. Tu vuoi morire, non è così?

Beatrice. (Signor Florindo, non vi cimentate con costui). (piano a Florindo)

Florindo. (Eh, non temete. Abbasserò io la sua alterigia), (a Beatrice.)

Lelio. Vivete ancora, che siete giovine, e lasciatemi questa donna. Delle donne n’è pieno il mondo. La vita è una sola1.

Florindo. Stimo più della vita l’onore. O partite, o impugnate la spada. (mette mano)

Lelio. Non sei mio pari, non sei nobile, non mi vo’ batter teco.

Florindo. O nobile, o plebeo. Così si trattano i vili tuoi pari. (gli dà una piattonata)

Lelio. A me questo! Dei tutelari della mia nobiltà, assistetemi nel cimento. (pone mano)

Florindo. Ora vedremo la tua bravura. (si battono)

Beatrice. Oh me infelice! Non vo’ trovarmi presente a qualche tragedia. Mi ritirerò nell’albergo vicino. (nel mentre che li due si battono, Beatrice parte col servo)

SCENA XII.

Florindo e Lelio che si battono, poi Tonino.

Florindo. Ah! son caduto. (cade)

Lelio. Temerario, sei vinto. (gli sta colla spada al petto)

Florindo. Sdrucciolai per disgrazia.

Lelio. Ti superò il mio valore. Mori...

Tonino. (Colla spada in mano in difesa di Florindo) A mi, a mi: alto, alto: co la zente xe in terra, se sbassa la ponta. (a Lelio)

Lelio. Voi come c’entrate?

Tonino. Gh’intro, perchè son un omo d’onor, e no posso sopportar una bulada in credenzaa.

  1. Bulada in credenza, qui vuol dire soverchieria.
  1. Zatta fa un solo periodo, di tre parti.