Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, II.djvu/122

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116 ATTO PRIMO

Zanetto. (Propriamente se ghe vede el fuogo in quei occhi). (da sé)

Beatrice. Dubitate forse di me? Uditemi, che vi renderò soddisfatto.

Zanetto. Serrè quella bocca, quella scatola de velen, che no vorave che me arrivessi a tossegara el cuor.

Beatrice. Oimè! Che parlare è il vostro? Voi mi fate arrossire senza colpa.

Zanetto. Vela là, che la vien rossa. Lo so che sé una striga.

Beatrice. Son disperata. Ascoltatemi per pietà, (s’accosta a Zanetto)

Zanetto. Via furia, che vien per lacerarme. (fuggendo da lei)

Beatrice. Ma cieli! Che mai vi ho fatto? (s’accosta di nuovo)

Zanetto. Via diavolo, che me voria strassinar all’inferno. (parte)

SCENA XX.

Beatrice sola.

Tanto ascolto e non muoio? Che ho da pensare del mio Tonino? O egli è impazzito, o è stato di me sinistramente informato. Misera, che far deggio? Lo seguirò di lontano e tenterò ogni arte per discoprire la verità. Amore, tu che per mia sventura mi facesti abbandonare la patria, i genitori e gli amici, tu assistimi nel pericolo in cui mi trovo; se brami in ricompensa il mio sangue, versalo tutto, prima che mi vegga sprezzata dall’adorato mio sposo.


Fine dell’Atto Primo.


  1. Tossegar, avvelenare.