Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, II.djvu/144

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138 ATTO SECONDO


Pancrazio. Farete benissimo, lodo la vostra risoluzione. Siete un uomo di garbo.

Tonino. Ma za che sè un omo tanto da ben, ve veggio confidar una cossa.

Pancrazio. Dite pure con libertà. Io so custodir il segreto.

Tonino. Vedeu sto bauletto de zogie?

Pancrazio. Son gioje quelle?

Tonino. Sior sì.

Pancrazio. Vediamole. Belle, belle assai. (le osserva)

Tonino. Ste zogie le me xe stae dae per forza da un povero matto, con un abito tutto tacconi. Mi no so de chi le sia; e el patron che le ha perse, anderà de smaniaa cercandole. Mi doman vago via, onde penso de consegnarle a vu, acciò, vegnindo fora el patron, ghe le podiè restituir.

Pancrazio. Lodo la vostra delicatezza. Siete veramente un uomo onorato.

Tonino. Tutti i galantomeni i ha da esser cussì.

Pancrazio. E se dopo un lungo tempo, e dopo fatte le debite diligenze, non si trovasse il padrone, come volete che ne disponga?

Tonino. Impieghele a maridar delle putte.

Pancrazio. Voi altri Veneziani siete poi di buon cuore.

Tonino. Nualtri cortesani semo fatti apposta per far delle opere de pietà. Quante povere vergognose vive colle limosine dei galantomini! Xe vero che qualchedun fa, co se sol dir, la carità pelosa: ma ghe ne xe anca de quei che opera per bon cuor. Mi son de sta taggia: per i amici me despogierave, e per le donne me caveria anca la camisa. (parte)

Pancrazio. Questa volta, se la carità deve esser pelosa, servirà questo pelo per medicar le mie piaghe. Se Rosaura le vorrà, dovrà comprarle con quella moneta che a lei costa poco, e per me valerebbe molto. (parte)

  1. De smania, smanioso.