Vai al contenuto

Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, II.djvu/155

Da Wikisource.

I DUE GEMELLI VENEZIANI 149

Bargello. Perchè sono rubate.

Pancrazio. Come? Io sono un galantuomo.

Bargello. Da chi le ha avute Vossignoria?

Pancrazio. Dal signor Zanetto Bisognosi.

Bargello. Il signor Zanetto Bisognosi dice che gli sono state rubate; onde ella che le tiene, è in sospetto di tale furto.

Pancrazio. Un uomo della mia sorte? Della mia esemplarità?

Bargello. Basta, si contenti che la lascio in libertà. Porto le gioje a Palazzo, e se Vossignoria è innocente, vada a giustificarsi.

Pancrazio. Io per la Curia? Io per i Tribunali? Son conosciuto, sono un uomo d’onore.

SCENA IV.

Zanetto e detti.

Pancrazio. Oh, ecco appunto il signor Zanetto. Dica egli come ho avute codeste gioje.

Zanetto. Zogie? Le mie zogie?

Bargello. Signor Zanetto, conosce queste gioje?

Zanetto. Sior sì, queste xe le zogie che m’ha lassa mio sior barba. Le cognosso, le xe mie.

Pancrazio. Sentite? Le conosce. Erano del suo signor zio, erano sue. (al bargello)

Bargello. Ed ella le ha date al signor Pancrazio? (a Zanetto)

Pancrazio. Signor sì, signor sì, egli me le ha date. Non è vero?

Zanetto. Mi no so gnente, mi no v’ho dà gnente.

Pancrazio. Come non mi avete dato nulla? Mi maraviglio di voi.

Zanetto. E mi me maraveggio de vu. Questa xe roba mia.

Pancrazio. Oh cielo! Volete farmi perdere la riputazione?

Zanetto. Perde quel che volè, no ghe penso gnente. Quel zovene, deme la mia roba. (al bargello)

Pancrazio. Poter del mondo! In casa del signor Dottore, in camera della signora Rosaura voi me l’avete date e ne sapete il perchè.