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166 ATTO TERZO


assassini avevano svaligiati alcuni passeggieri, e quella bambina rimase colà viva per accidente. Il nome poi ne pur egli lo sapeva, ed il signor Dottore le impose quello di Rosaura.

Tonino. (Oh questa è bella! Stè a veder che la xe Flaminia mia sorella, giusto persa tra Vicenza e Verona, quando xe sta sassinà la mia povera mare, che la menava a Bergamo). (da sè)

Colombina. (Che diavolo dice tra se?) (da sè)

Tonino. Saveu che ghe fusse in te le fasse una medaggia col retratto de do teste?

Colombina. Mi pare averlo sentito dire. Ma perchè mi fate tante interrogazioni?

Tonino. Basta... la saverè... (Questa xe mia sorella senz’altro. Cielo, te ringrazio. Vardè che caso! Vardè che accidente! Do fradei! Una sorella! Tutti qua! Tutti insieme! El par un accidente da commedia). (da sè)

Colombina. (Sta a vedere che costei si scopre figlia di qualche signor davvero). (da sè) Signore, se mai la signora Rosaura fosse qualche cosa di buono, avvertite a non dirle che ho sparlato di lei, per amor del cielo.

Tonino. No no, fia, no ve dubitè. Za so che el mestier de vu altre cameriere xe dir mal delle patrone, e che ve contenteressi de zunar1 pan e acqua, più tosto che lassar un zorno de mormorar. (parte)

SCENA XX.

Colombina, poi Pancrazio2 ed il Dottore.

Colombina. Non vorrei, per aver parlato troppo, aver fatto del male a me e del bene a Rosaura. Quel signor Zanetto m’ha fatte troppe interrogazioni. Dubito che vi voglia essere qualche novità strepitosa.

Dottore. Colombina, cossa fai sopra la strada?

  1. O dezunar, digiunare: v. Boerio.
  2. In questa scena non parla.