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Dottore, di Arlecchino e di Brighella. Lelio poi, smessa qualche posa di spavaldo, ridiventa il cicisbeo di Fagiuoli, deriso nella Donna di garbo. Per la creazione di Pancrazio non attinse Goldoni alla viva esperienza (vedi pref.i Pasquali, a p. 39, vol. I, della pres. ed.), bensì ad un tipo dell’ipocrita più o meno letterario: indegnissimo nipote di Tartufo, che muor di veleno (Sismondi, De la littér. du Midi de l’Europe, Bruxelles, 1837, I, 503).

A Plauto e a Cesare D’Arbes toccò dunque l’onore degli applausi, mentre Goldoni a torto si compiacque (Rabany, 1. c, 63) che le contorsioni e l’agonia di Zanetto rappresentino «uno de’ pezzi più ridicoli e nuovi della Commedia». Criticò l’ab. Chiari (Lettere scelte, t. III, Ven., Pasinelli, 1752, p. 127), perchè alla natura non conformi, «i servidori simili» e i «padroni gemelli su’ nostri teatri», ma ne abusò egli stesso nella maniera più goffa ne’ propri romanzi (p. es. la Bella pellegrina, 1761 e le Due gemelle, 1777). Invece il pantalone Collalto (Ant. Mattiuzzi o Matteucci) fu invogliato dal successo di Goldoni e e del D’Arbes a comporre e recitare i Tre gemelli veneziani, con ammirazione del grande commediografo nostro e dell’attore Garrick (v. Mém.es, ed. cit., per cura di G. Mazzoni, I, 458 e II, 156 e 416; e Rasi, I comici italiani I, 673-5). Non oso affermare che esatta sia quest’altra notizia, la quale si legge nei Commemoriali di P. Gradenigo (Notatorio III: cod. del Museo Civ. di Ven.) alla data 30 genn. 1756: «Nel Teatro in S. Gio. Crisostomo andò in scena in versi eroici una commedia intitolata li Quattro simili di Plauto, della rinomata penna del Sig. Co. Gasparo Gozzi». Benché pnvi di qualunque merito d’arte letteraria, durò sulle scene la fortuna dei Due gemelli veneziani nel Settecento e nell’Ottocento; e serbano ancora, coi difetti d’origine, l’impronta speciale del teatro a soggetto. Oltre le recite di Firenze e di Mantova, ricordate dall’autore, citerò sparsamente quelle postenori di Reggio ( 1768), di Modena (1754, 1865, 1878: v. Modena a Gold., Mod., 1907), di Torino (1827: I Teatri, giornale dramm., Milano, 1827, t. I, 524) e di Milano (1844: Accad. dei Filodr.ci di G. Martinazzi, Mil., 1879).

Di Antonio Condulmer (n. 25 die. 1701 ai Tolentini, m. 1779), al quale fu dedicata nel 1750 la commedia, parlano sobriamente le Memorie goldoniane. Proprietario del teatro di Angelo e protettore del Medebach, si irritò con Goldoni nel ’53 (Molmenti, C. Gold., Ven., 1880, nota B) e prestò di poi il suo favore all’ab. Chiari. Senatore fin dal 1746 (v. continuatori Barbaro, Discendenze patrizie e F. Stefani, Condulmero, in Famiglie Litta), fu dei Dieci e dei Tre. Il Casanova ci lasciò di lui un maligno ritratto, che altrove leggeremo. Il nipote Tommaso ha triste fama nella storia della caduta di Venezia.

G. O.


Questa commedia fu stampata la prima volta nel I t. dell’ed. Bettinelli a Venezia, nel 1750, subito dopo la Donna di garbo. Fu poi ristampata dal Bettinelli stesso, più volte; poi dal Pisarri (t. I, '51) e dal Corciolani (I. ’53) di Bologna; quindi dal Paperini (t. IX, 1755) di Firenze, seguito dal Gavelli (t. IX, ’55) di Pesaro e da Fantino - Olzati (t. XI, ’57) di Torino; poi ancora a Venezia dal Salvioli (t. XI, 1771), dal Zatta (cl. 2, t. V, ’90), dal Garbo (t. XV, ’98) ecc.; infine Guibert-Orgeas di Torino, dal Bonsignori di Lucca, dal Masi di Livorno e da altri. Fin dal 1756 fu tradotta in tedesco e stampata a Vienna: v. Spinelli, Bib.ia gold., cit., p. 252. — La presente ristampa fu condotta sul testo della ed. Paperini, compiuti diligentemente i riscontri con le altre edizioni. Valgono le osservazioni già fatte per le precedenti commedie.