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208 ATTO PRIMO


notto di buona grazia. Benchè sia nata povera e ordinaria, avevo più amanti io sola, che tutte insieme le ragazze del vicinato.

SCENA X.

Colombina, Arlecchino e detta.

Beatrice. Senti, Arlecchino, tu devi andare verso il casino de’ nobili, dove sogliono trovarsi il signor Lelio e il signor Florindo; li hai da condurre in disparte ambedue, ed hai a dir loro che dopo le quattro si portino a questa casa, che la porta ne sarà socchiusa. Ma bada bene, e apri ben l’orecchio, e non far delle tue. Questa ambasciata la devi lor fare separatamente. Al signor Lelio dirai che l’invito è mio, e che io l’aspetto per andare con esso1 lui a prender il fresco. Al signor Florindo dirai poi che l’invita la signora Rosaura, per discorrer seco con libertà de’ suoi amori.

Arlecchino. (si va contorcendo, dinotando la confusione che gli recano tante parole.)

Beatrice. Hai capito? Eseguirai puntualmente?

Arlecchino. (Dice di sì).

Beatrice. Via. Come dirai?
(Qui Arlecchino imbroglia tutto il discorso; confonde i quattro nomi di Lelio, Florindo, Beatrice e Rosaura; ella gli va qualche cosa replicando, ed egli si va ora rimettendo, ora confondendo. Finalmente mostra di aver ben capito, e parte2.)

SCENA XI.

Beatrice e Colombina, poi Pantalone.

Colombina. Arlecchino non si può negar che non sia sciocco, ma poi è altrettanto grazioso.

Beatrice. Mi serve con fedeltà, e perciò lo sopporto.

  1. Sav. e Zatta: seco.
  2. È da notarsi che L'autore si dimenticò, o trovò qui inutile, di stendere per intero il dialogo.