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218 ATTO PRIMO

Lelio. Ecco che io la sposo... (esce Florindo)

Florindo. Adagio un poco, signori miei...

Pantalone. Comuòdo1! un altro? Cosa feu qua, sior?

Florindo. Qui venni invitato dalla signora Rosaura.

Pantalone. A do alla volta? a Rosaura)

Rosaura. Vi giuro, non ne so nulla in coscienza mia.

Pantalone. (Oh adesso sì, che la prudenza de Pantalon ha squasi perso la tramontana). da sè)

Florindo. Signor Pantalone, confesso che la situazione in cui mi trovate, merita i vostri rimproveri ed i rigori del vostro sdegno, ma amore sia il difensore della mia causa. Amo la signora Rosaura, e se non isdegnate di avermi per genero, ve la dimando in consorte.

Pantalone. Cossa dise sior Lelio?

Lelio. Io gliela cedo con tutto il cuore.

Pantalone. E vu la tiolè, siben che sior Lelio giera qua a brazzadeia. (a Florindo)

Florindo. Ciò poco m’importa. Un accidente non conclude.

Pantalone. Oh, el xe de bon stomego. E ti cossa distu? a Rosaura)

Rosaura. Io direi... ma mi vergogno...

Pantalone. Ah, ti te vergogni ah! Desgraziada, a do alla volta, e ti te vergogni?

Rosaura. Il cielo mi castighi, se ne sapeva nulla.

Pantalone. Via, animo, di’ su quel che ti vol dir.

Rosaura. Direi, che se avessi a maritarmi... oh, mi vergogno davvero.

Pantalone. (La me fa una rabbia, che la mazzaria). (da sè) Mo fenissila una volta.

Rosaura. Quando avessi a maritarmi, prenderei il signor Florindo.

Pantalone. (Manco mal che la l’ha dita). Orsù, ho inteso tutto. Sior Florindo, domattina la discorreremo.

  1. A brazzadei, abbracciato, frase burlevole.
  1. Bettin., Sav.: commodo.