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L'UOMO PRUDENTE 231

Arlecchino. V’averave sposada mi.

Rosaura. Pazzo che sei! non lasci mai le tue scioccherie.

Arlecchino. Coss’è ste scioccherie? Digh’da bon, e non burlo.

Rosaura. Orsù, se mi vuoi bene, fammi un piacere. Entra lì nella camera, dove sta il signor Florindo nel letto, e fagli per me un’ambasciata.

Arlecchino. Per farve veder ch’a ve vui ben, lo farò: za per far ambassade son fatt a posta.

Rosaura. Digli che mando a vedere come sta, e desidero di vederlo.

Arlecchino. Gnora sì. entra nella camera, dove era Florindo)

Rosaura. Almeno mi facesse dire che entrassi; dicendolo egli, non farei male.

Arlecchino. Esce senza parlare.)

Rosaura. E bene, Arlecchino, che t’ha detto il signor Florindo?

Arlecchino. Niente affatto.

Rosaura. Ma sta bene?

Arlecchino. Credo che nol staga nè ben, nè mal.

Rosaura. Ma gli hai fatta l’ambasciata?

Arlecchino. Gnora sì.

Rosaura. Ed egli che t’ha detto?

Arlecchino. Niente affatto.

Rosaura. Va là, torna e dimandagli se gli duole il capo.

Arlecchino. Gnora sì. (va, poi torna e dice) La testa no la ghe dol.

Rosaura. Digli dunque perchè non si leva.

Arlecchino. Gnora sì. (va, poi torna e dice) L’è za levà.

Rosaura. Digli perchè non viene a vedermi.

Arlecchino. Gnora sì. (va, poi torna e dice) El ghe vede poco.

Rosaura. Caro Arlecchino, digli che, se mi vuol bene, si lasci da me vedere.

Arlecchino. Gnora sì. (va, poi torna e dice) Adesso el vien.

Rosaura. Digli che solleciti, e venga presto.

Arlecchino. Gnora sì. (va, e dice di dentro) El vien, el vien, el se veste, e subito el vien.

Rosaura. Oh me felice! Sento che il core mi balza in petto dall’allegrezza. Arlecchino, viene o non viene?