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LA VEDOVA SCALTRA 351


praticare con voi. Dovrei io chiedervi scusa, se con qualche asprezza mi sono opposta alle nozze di mia sorella. Caro signor cognato, se ella non vi acconsente, volete voi sagrificare a un capriccio la vostra quiete e la di lei gioventù?

Pantalone. Co ela no vol, pazenzia. Ma se poderave con qualche bona maniera veder de metterla a segno. Basta, pressindendo da sto negozio, sappiè, fia mia, che se v’ho dà qualche motivo de andar via de sta casa, l’ho dito in atto de collera, son pentio d’averlo dito, e ve prego de starghe, perchè se andessi via, me porteressi via el cuor.

Rosaura. Signor Pantalone, vi ringrazio infinitamente delle vostre generose espressioni, e giacchè dimostrate tanta bontà per me, ardisco pregarvi d’una grazia.

Pantalone. Comande, fia, farò tutto quel che volè.

Rosaura. Sono stata favorita da alcune dame di varie conversazioni; vorrei questa sera, se ve ne contentate, trattarle anch’io con qualche piccolo divertimento nelle mie camere.

Pantalone. Sè parona, me maraveggio. Comande pur, anzi ve manderò mi le cere, el rinfresco e tutto quel che bisogna.

Rosaura. Sempre più s’accrescono le mie obbligazioni.

Pantalone. Vardè, se qualche volta ve vegnisse una bona congiuntura de lassar correr a siora Leonora qualche parola in mio favor. Insinueghe che no la pensa a frascherie, che la pensa a far el so stato.

Rosaura. Farò il possibile, lo farò di cuore, e spero ne vedrete gli effetti.

Pantalone. Sì, cara cugnada, me console. Nu altri poveri vecchi semo giusto co fa i putelli, gh’avemo gusto de vederse a coccolar1. (parte)

SCENA III.

Rosaura e Marionette.

Marionette. Vostro cognato vuol morire, dando in simile generosità.

Rosaura. Amore fa fare delle gran cose.

  1. Accarezzare. [nota originale]