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IL FRAPPATORE 35

Florindo. lo resterò, se si tratta di soddisfarvi.

Rosaura. Ma caro signor zio, vi prego...

Fabrizio. Eccoli, eccoli.

SCENA X.

Ottavio e Tonino in abito di soggezione, e detti.

Tonino. (Vien facendo molte riverenze caricate, alle quali tutti ragionevolmente corrispondono.)

Fabrizio. Signori, bramo l’onor di conoscerli, per avere il vantaggio di poterli servire.

Ottavio. Questa lettera, che vi presento, vi darà conto di noi. (Dà una lettera a Fabrizio, che la riceve e legge. Frattanto ch’ei legge piano, Tonino seguita a far le sue riverenze affettale principalmente a Rosaura, che mostra d’infastidirsi; e Ottavio di quando in quando guarda bruscamente Tonino, che si mortifica.)

Fabrizio. Ho inteso. Il signor Ottavio napolitano, il signor Tonino veneziano non hanno che a comandarmi, che io non mancherò di servirli. Nipote mia, questi signori sono venuti a godere la nostra città; mi sono addirizzati da un amico mio di Venezia. Questa è mia nipote, e vostra serva. (ad Ottavio e a Tonino)

Tonino. (Le sue solite riverenze.)

Ottavio. Ho il vantaggio di conoscere persone di merito, per le quali professo tutta la stima e la venerazione. Non dite niente, signor Tonino?

Tonino. Dirò, dirò; son ancora un poco stracco dal viazo.

Fabrizio. Ehi! da sedere a questi signori. Favoriscano accomodarsi. (tutti sedano, fuor che Tonino incantato a mirar Rosaura)

Ottavio. (Via che fate, che non sedete?) (piano a Tonino)

Tonino. (La xe bella! bella da galantomo!) (fa varie riverenze, poi siede)

Fabrizio. Quel signor Veneziano è più stato a Roma? (verso Tonino)

Tonino. (La gh’ha un non so che, che m’incontra). (da sé)

Ottavio. Parla con voi; dice se siete più stato a Roma, (a Tonino)

Tonino. No, vedela, no ghe son più sta. Cossa gh’ala nome quella signora? (verso Rosaura)

Rosaura. Rosaura, per servirla.