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584 | ATTO SECONDO |
schiafa in casa soa. L’ha dito un mondo de roba a la Lustrissima. Tocca a ela a castigarlo, e farghe pagar quel che l’ha fato e quelo che l’ha dito.
Ottavio. Lasciate fare a me. Vedrete se saprò vendicar voi e me nello stesso tempo.
Catte. La se recorda del zendà.
Ottavio. Ecco quel briccone, che esce di casa mia.
SCENA XXI.
Pasqualino, di casa del marchese Ottavio, e detti; poi Bettina.
Pasqualino. (Parla voltato verso la casa, non vedendo il marchese Ottavio). Sia maledeta sta casa, quando ghe son vegnù! Maledeto el so paron e la so parona.
Ottavio. Galantuomo, una parola. (a Pasqualino)
Pasqualino. La compatissa, che son fuora de mi. (con timore)
Ottavio. Briccone, indegno; così parli d’un cavaliere par mio? Così perdi il rispetto a casa mia? Così tratti una dama? Se non temessi di avvilire il mio bastone, vorrei romperti l’ossa.
Pasqualino. No la me daga, perchè, sala? Sangue de Diana... (fingendo bravura)
Catte. (La ghe daga do bastonae). (piano ad Ottavio)
Ottavio. Temerario! Ancora minacci? Ancora ardisci dire che io non ti dia? Ah giuro al cielo, che ti voglio... (alza il bastone)
Pasqualino. Indrio, sangue de diana, indrio. (mette mano allo stilo)
Catte. Oe, custion1. Capo de contrada. (parte)
Ottavio. Giù quello stilo.
Pasqualino. Indrio quel baston.
Bettina. (Esce di casa di Ottavio, e grida) Agiuto, fermeve. Sior Marchese, per amor del cielo, la prego, la vaga via.
Ottavio. Lo voglio ammazzare quel temerario. (mette mano alla spada, e va contro Pasqualino, che s’intimorisce, e Bettina si pone in sua difesa).
- ↑ Questione, contesa.