Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, II.djvu/71

Da Wikisource.

IL FRAPPATORE 65

Ottavio. Che abiti? che danari? Voi non avete niente del vostro. Son creditore del viaggio, e se non mi pagherete, vi farò metter prigione.

Tonino. Poveretto mi! agiuto, zente, el me voi far metter in preson.

SCENA III.

Fabrizio e detti.

Fabrizio. Che cos’è questo strepito?

Ottavio. (Era meglio ch’io me n’andassi). (da sé)

Tonino. Sior Fabrizio, me raccomando a vu; sior Ottavio me voi far metter in preson. Cossa dirà i zentilomeni da Torzelo?

Ottavio. Signore, vi riverisco. (a Fabrizio, in atto di partire)

Fabrizio. Signor Ottavio, favorite venire nella mia stanza; ho bisogno di discorrer con voi.

Tonino. El se n’ha per mal, perchè gh’ho dito quel che m’ave dito. (a Fabrizio)

Ottavio. Con che fondamento potete voi parlare di me in sì fatta guisa? (a Fabrizio)

Fabrizio. Signore, voi conoscete la semplicità del signor Tonino. Fatemi il piacere di venir meco. Sono un galantuomo; e spero che resterete di me soddisfatto.

Ottavio. Compatitemi. Ho qualche premura. Non posso più trattenermi.

Fabrizio. Se ricusate di parlare con un uomo onesto qual io sono, darete da sospettare che sia vero quello che di voi si dice. Fidatevi della mia puntualità, della mia onoratezza, e vi assicuro che sarà meglio per voi.

Ottavio. Bene, verrò a sentire quel che volete dirmi. (Che cosa posso perdere nell’ascoltarlo? ) (da sé)

Fabrizio. Signor Tonino, restate qui fino che noi torniamo. (parte)

Tonino. Sior sì, comodeve.

Ottavio. (Spicciatomi da costui, parto immediatamente). (da sé, e parte)