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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, II.djvu/82

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76 ATTO TERZO

Tonino. Un bocconcin de muggier.

Arlecchino. Fe come che ho fatto mi, sior Tonin.

Tonino. Cossa aveu fatto?

Arlecchino. M’ha piasso la cameriera della locanda, e me l’ho sposada.

Tonino. Se podesse, farave l’istesso anca mi con quella cara colonna. (perso Rosaura)

Fabrizio. Vi piace mia nipote? (a Tonino)

Tonino. Assae, assae; ghe lo zuro su la mia nobiltà.

Florindo. Un giuramento che costa dieci ducati.

Fabrizio. Voi che ne dite, Rosaura?

Rosaura. Io mi rimetto a tutto quello che fate voi. (a Fabrizio)

Fabrizio. Bene dunque. Datevi la parola, e prendiamo tempo un anno a stabilire le nozze. Vedremo in questo tempo che cosa ci possiamo compromettere dal signor Tonino. Nel corso di quest’anno il signor Florindo favorirà di non frequentar la mia casa, così volendo ogni riguardo ed ogni onestà. Voi, donne, andate al vostro destino, (a Beatrice ed Eleonora) E voi, signor Tonino, se volete essere un giorno contento, ascoltatemi e fidatevi dell’amor mio. Il cielo vi ha liberato da un assassino; e da quello che gli è succeduto, e dal fine che a lui sovrasta, imparate a seguire l’onestà e la virtù, e a detestare perpetuamente il vizio, gl’inganni ed il mal costume.



Fine della Commedia.