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IL CAVALIERE E LA DAMA 239

Colombina. Illustrissima. (viene)

Eleonora. Dammi lo spirito di melissa.

Colombina. La servo. (Oh, oh, davvero che don Rodrigo le ha fatto muovere i vermi). (va a prendere la baccella)

Rodrigo. Se comandate, vi servirò io. (le dà la sua boccetta)

Eleonora. Accetto le vostre grazie. (la prende)

Colombina. Eccola. (viene)

Eleonora. Va via, non occorre altro.

Colombina. (Ho inteso, l’asta d’Achille ferisce e risana). (parte)

Eleonora. Compatitemi, don Rodrigo; lo stato infelice del povero mio consorte mi opprime lo spirito.

Rodrigo. È sempre lodabile quella dama che ha dell’amor pel suo sposo.

Eleonora. Voi non siete di quelli che insinuano alle mogli odiare i propri mariti.

Rodrigo. Guardimi il cielo. Non credo possa darsi al mondo azione più vile ed indegna, quanto quella di disunire gli animi di due congiunti1. Pur troppo fra il marito e la moglie vi sono de’ frequenti motivi di dissensioni e discordie, e se qualche maligno spirito e torbido li fomenta, diventano in poco tempo i più crudeli nemici. Come? Non è lecito rubare una borsa, un orologio, e sarà lecito rubare le pace, insidiare la moglie altrui? S’io fossi col nodo maritale già stretto, non soffrirei un simile attentato da chi che sia, e riputerei per indegno e mal cavaliere chiunque aspirasse a rapirmi una minima parte del cuore della mia sposa.

Eleonora. Sareste voi un marito geloso?

Rodrigo. No, donna Eleonora. Amerei di buon cuore la società, nè impedirei all’onesta moglie che si lasciasse opportunamente servire. Servitù semplice non è riprensibile. Io ho l’onore di servirvi da qualche tempo. Voi siete una bella dama, siete giovane, siete adorabile, io son libero, son uomo, sono conoscitore del vostro merito. E che per questo? Potete voi imputarmi di poco onesto? Può il vostro marito dolersi della mia amicizia?

  1. Bett., Sav.: coniugati.