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268 ATTO TERZO


Favorisca ascoltarmi, e senta quel che le dice un uomo, che desidera unicamente il suo bene. Ella è vedova, sprovveduta di danari e di beni. Ella è nobile, ed è ancor giovine; che cosa ha intenzione di fare?

Eleonora. Questo è quel pensiere che occupa la mia mente.

Anselmo. Andiamo per le corte, senza tanti raggiri. Se vuole restar vedova, sola non istà bene, onde la consiglio ritirarsi o con i suoi parenti, o con qualche famiglia onesta e dabbene, ed io le passerò, fino ch’ella vive, un trattamento da povera dama, e le farò un assegnamento per dopo la mia morte ancora. Se vuol ella ripigliar marito, quattro, cinque, sei mila scudi glieli darò io, secondo il partito che si ritroverà. Io non ho figliuoli, i miei parenti non hanno di bisogno di me. Ho qualche poco di bene al mondo, il cielo me l’ha dato. Il cielo vuole ch’io ne disponga, oltre il mio bisogno, per qualche opera di pietà, e fra tutti li guadagni che ho fatti nel corso della mia vita, il guadagno maggiore sarà questo, di aver soccorso una vedova abbandonata, perchè povera e miserabile, perchè onesta.

Eleonora. Oh Dio! Voi mi fate piangere per tenerezza.

Anselmo. Via, si consoli. La sua bontà, la sua modestia, la sua rassegnazione mi muove, mi stimola a quest’atto di pietà umana; onde ella mi ha capito. O ritirarsi, o maritarsi: o il suo mantenimento, o una dote discreta. Tanto esibisce un padre per affetto ad una figlia per rassegnazione.

Eleonora. Voi avete un cuore pieno di bontà e di vero amore.

Anselmo. Sì, signora, questo è il vero amore, e non quello di certi cacazibetti: gioia1... Non ho mai potuto tollerare le frascherie; ed ella mi piace, perchè è una donna prudente, che non bada a simili sciocchezze. Il matrimonio non lo condanno. Ella è stata maritata una volta, è giovane, non sarebbe male che si tornasse ad accompagnare, ma con giudizio, da donna saggia, per istar bene e non per istar male; pensare più al giorno che alla notte, e considerare che la gioventù e la bellezza

  1. Bett. e Sav. hanno invece: Ahi! anima mia! Viscere mie! Spasimo, moro...