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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, III.djvu/512

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498 ATTO TERZO

Beatrice. Mi avete detto però più volte che, considerando il suo impegno, eravate costretta a compatirlo.

Rosaura. Non credeva che parlar dovesse con tanto calore. La sua disputa mi ha atterrito. Le sue parole mi hanno strappato il cuore. Mi sono lusingata che egli mi amasse, ma non è vero. Contro chi si ama, non si inveisce a tal segno. Poteva difendere il suo cliente, ma non mettere in derisione me, la mia causa ed il mio difensore. Oimè! Che fiero caldo mi opprime! Amica1, fatemi portare un bicchier d’acqua fresca.

Beatrice. Subito. Vado io stessa a prenderla. Fate una cosa, se avete caldo, andate sul terrazzino a prendere un poco d’aria. (Vo’ lasciar che la natura operi). (parte)

SCENA VIII.

Rosaura, poi Alberto.

Rosaura. Non dice male. Aprirò il terrazzino, e prenderò un poco d’aria. (apre e vede Alberto) Oimè! questo è un tradimento.

Alberto. No, siora Rosaura, non son qua per tradirla, ma per consolarla, se posso.

Rosaura. Sarà una consolazione compagna a quella che mi avete data nel tribunale.

Alberto. Mo no sala el mio impegno? Non hala approvà ela istessa, con tanto merito, le giuste premure del mio onor, della mia estimazion?

Rosaura. Sono miserabile per causa vostra.

Alberto. Chi fa el mal, ha da procurar el remedio. Per causa mia la xe ridotta in sto stato, e mi son qua prontissimo a remediarghe.

Rosaura. Oh Dio! ma come?

Alberto. Ela ha perso un stato comodo, un mario nobile, mi ghe offerisse un stato mediocre, un consorte civil.

Rosaura. E chi è mai questo, che abbassare si voglia alle nozze d’una infelice?

  1. Bett. e Pap.: Amica, per carità.