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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1908, III.djvu/551

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L'EREDE FORTUNATA 535

SCENA XII.

Rosaura sola.

Ah, ch’io non ascolto altri consigli che quelli del mio cuore, acceso dell’amore di Ottavio! Perderò anche la vita, non che la roba, pria di perdere il caro bene. So ch’egli mi ama, so che la sua virtù lo stimola a rinunziarmi, per timore di non vedermi pregiudicata. Ma s’inganna, se crede piacermi con questa sua crudel pietà. Saprò amarlo ad ogni costo, e farò conoscere al mondo che più della mia fortuna amo la fede, la costanza e l’amore. (parte)

SCENA XIII.

Strada.

Florindo e Trastullo1.

Florindo. Che ne dici, Trastullo, dell’enorme ingiustizia fattami dal fu Petronio mio zio?

Trastullo. Dico che ha fatto male, perchè finalmente ella è figlio di una sua sorella, e non l’aveva da privare dell’eredità.

Florindo. In quanto all’eredità mi spiace, è vero, ma non è il massimo de’ miei dispiaceri. Quel che mi sta sul cuore, è il dover perder Rosaura.

Trastullo. Ma la signora Rosaura corrisponde all’amore di vossignoria?

Florindo. Io veramente non ho avuto mai campo di dichiararmi con mia cugina, vivente mio zio, perchè egli mi vedea di mal occhio; ma da qualche incontro accaduto fra lei e me, spero non esserle indifferente.

Trastullo. È una cattiva cosa il far all’amore da sè solo, quando uno non è sicuro della corrispondenza.

Florindo. Quel vecchio di Pancrazio ci ha assassinati: ha sedotto mio zio, e gli ha rapito2 la figlia e l’eredità; ma il signor Dottore

  1. Vedasi Appendice.
  2. Bett.: carpito.