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L'AUTORE

A CHI LEGGE.


Q
UESTA, ch’io intitolo Il Teatro Comico, piuttosto che una commedia, prefazione può dirsi alle mie commedie1.

In questa qualunque siasi composizione, ho inteso di palesemente notare una gran parte di que’ difetti che ho procurato sfuggire, e tutti que’ fondamenti su’ quali il metodo mio ho stabilito nel comporre le mie commedie, nè altra evvi diversità fra un proemio e questo componimento, se non che nel primo si annoierebbono forse i leggitori più facilmente, e nel secondo vado in parte schivando il tedio col movimento di qualche azione.

Io perciò non intesi di dar nuove regole altrui, ma solamente di far conoscere, che con lunghe osservazioni e con esercizio quasi continuo, son giunto al fine di aprirmi una via da poter camminare per essa con qualche specie di sicurezza maggiore; di che non fia scarsa prova il gradimento che trovano fra gli spettatori le mie commedie. Io avrei desiderio che qualunque persona si dà a comporre, in ogni qualità di studio, altrui notificasse per qual cammino si è avviata, perciocchè alle arti servirebbe sempre di lume e miglioramento.

Così bramo io parimente che qualche nobile bell’ingegno d’Italia diasi a perfezionare l’opera mia e a rendere lo smarrito onore alle nostre scene con le buone commedie, che sieno vera-

  1. Segue nell’ed. Paperini di Firenze (I, 1753): Nella ed. ch’io incamminata avea in Venezia, collocata era nel tomo secondo, perchè composta dopo la impressione del primo. Fin d’allora, colla mia lettera all’editore, in data di Torino 1751, dissi che volentieri potendo l’avrei posta in fronte a tutta l’opera, a guisa appunto di prefazione, ed ora che mi riesce di farlo, parmi di essere più contento.