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LA BOTTEGA DEL CAFFÈ 261

SCENA XV.

Pandolfo dal giuoco, e detti.

Ridolfo. Son qui a servirla.

Leandro. Volete farci il piacere di prestarci i vostri stanzini per desinare?

Ridolfo. Son padroni; ma vede, anch’io... pago la pigione...

Leandro. Si sa, pagheremo l’incomodo.

Eugenio. Con chi credete aver che fare? Pagheremo tutto.

Ridolfo. Benissimo, che si servano. Vado a far ripulire1. (va in bottega del giuoco)

Eugenio. Via, chi va a ordinare?

Leandro. Tocca a voi, come più pratico del paese. (ad Eugenio)

Don Marzio. Sì, fate voi. (ad Eugenio)

Eugenio. Che cosa ho da ordinare?

Leandro. Fate voi.

Eugenio. Ma dice la canzone: L’allegria non è perfetta, quando manca la donnetta.

Ridolfo. (Anche di più vuol la donna!) (da se)

Don Marzio. Il signor Conte potrebbe far venire la ballerina.

Leandro. Perchè no? In una compagnia d’amici non ho difficoltà di farla venire.

Don Marzio. È vero che la volete sposare? (a Leandro)

Leandro. Ora non è tempo di parlare di queste cose.

Eugenio. Ed io vedrò di far venire la pellegrina.

Leandro. Chi è questa pellegrina?

Eugenio. Una donna civile e onorata.

Don Marzio. (Sì, sì, l’informerò io di tutto). (da sè)

Leandro. Via, andate a ordinare il pranzo.

Eugenio. Qanti siamo? Noi tre, due donne che fanno cinque. Signor don Marzio, avete dama?

Don Marzio. Io no. Son con voi.

  1. Segue nelle edd. Bett., Pap. ecc.: «Lean. (Ehi? Carte), piano a Pandolfo. Pand. (Ma di balla), piano a Leandro. Lean. (Basta il quinto?) piano a Pandolfo. Pand. (Sì, son contento). va in bottega del giuoco ecc.».