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LA BOTTEGA DEL CAFFÈ 267

Ridolfo. Io non so come si possa dare al mondo gente di così poco giudizio! Il signor Eugenio vuole andare in rovina, si vuole precipitare per forza. A me, che ho fatto tanto per lui, che vede con che cuore, con che amore lo tratto, corrisponde così? Mi burla, mi fa degli scherzi? Basta: quel che ho fatto, l’ho fatto per bene, e del bene non mi pentirò mai.

Eugenio. Signor don Marzio, e viva questa signora, (forte, bevendo)

Tutti. E viva, e viva.

SCENA XXI.

Vittoria mascherata, e detti.

Vittoria. (Passeggia avanti la bottega del caffè, osservando se vi è suo marito.)

Ridolfo. Che c’è1 signora maschera? che comanda?

Eugenio. Vivano i buoni amici. (bevendo)

Vittoria. (Sente la voce di suo marito, si avanza, guarda in alto, lo vede e smania.)

Eugenio. Signora maschera, alla sua salute. (Col bicchiere di vino fuor della finestra, fa un brindisi a Vittoria, non conoscendola.)

Vittoria. (Freme e dimena il capo.)

Eugenio. Comanda restar servita? È padrona, qui siamo tutti galantuommi. (a Vittoria, come sopra)

Lisaura. Chi è questa maschera che volete invitare? (dalla finestra)

Vittoria. (Smania.)

SCENA XXII.

Camerieri con altra portata vengono dalla locanda, ed entrano nella solita bottega; e detti.

Ridolfo. E chi paga? Il gonzo.

Eugenio. Signora maschera, se non vuol venire, non importa. Qui abbiamo qualche cosa meglio di lei. (a Vittoria, come sopra)

Vittoria. Oimè! mi sento2 male. Non posso più.

Ridolfo. Signora maschera, si sente3 male? (a Vittoria)

  1. Bett.: Cos’è.
  2. Bett.: vien.
  3. Bett.: le vien.