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IL BUGIARDO 389


sposare altra femmina. Impostore, menzognero, sfacciatissimo, temerario!

Lelio. Giacchè mio padre mi vuol far arrossire, sono obbligato a dire essere colei una trista femmina, colla quale mi sono ritrovato casualmente all’albergo in Roma tre soli giorni, che colà ho dimorato. Una sera, oppresso dal vino, mi ha tirato nella rete e mi ha fatto promettere, senza saper quel ch’io1 facessi; avrò i testimoni, ch’ero fuori di me quando parlai, quando scrissi.

Dottore. Per mettere in chiaro questa verità, vi vuol tempo; intanto favorisca di andar fuori di questa casa.

Lelio. Voi mi volete veder morire. Come potrò resistere lontano dalla mia cara Rosaura?

Dottore. Sempre più vado scoprendo il vostro carattere, e credo, sebben fingete di morir per mia figlia, che non ve ne importi un fico.

Lelio. Non me ne importa? Chiedetelo a lei, se mi preme l’amor suo, la sua grazia. Dite, signora Rosaura, con quanta attenzione ho procurato io in poche ore di contentarvi. Narrate voi la magnifica serenata che ieri sera vi ho fatta, e la sincerità colla quale mi son fatto a voi conoscere con un sonetto.

SCENA XII2.

Florindo, Brighella e detti.

Florindo. Signor Dottore, signora Rosaura, con vostra buona licenza, permettetemi che io vi sveli un arcano, finora tenuto con tanta gelosia custodito. Un impostore tenta usurpare il merito alle mie attenzioni, onde forzato sono a levarmi la maschera e manifestare la verità. Sappiate, signori miei, che io ho fatto fare la serenata, e del sonetto io sono stato l’autore.

Lelio. Siete bugiardo. Non è vero.

Florindo. Questa è la canzonetta da me composta, e questo è

  1. Bett.: senza sapere cosa.
  2. Sc. XI nell’ed. Bett.