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Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1909, IV.djvu/51

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IL TEATRO COMICO 45

Lelio. Per dirla, non l’ho letto, ma ho sentito a dire così.

Orazio. Vi spiegherò io cosa dice Aristotile. Questo buon filosofo intorno alla commedia ha principiato a scrivere, ma non ha terminato, e non abbiamo di lui, sopra tal materia, che poche imperfette pagine. Egli ha prescritta nella sua poetica l’osservanza della scena stabile rispetto alla tragedia, e non ha parlato della commedia. Vi è chi dice che quanto ha detto della tragedia, si debba intendere ancora della commedia; e che se avesse terminato il trattato della commedia, avrebbe prescritta la scena stabile. Ma a ciò rispondesi, che se Aristotile fosse vivo presentemente, cancellerebbe egli medesimo quest’arduo precetto, perchè da questo ne nascono mille assurdi, mille improprietà e indecenze. Due sorti di commedia distinguo: commedia semplice e commedia d’intreccio. La commedia semplice può farsi in iscena stabile. La commedia d’intreccio così non può farsi senza durezza ed improprietà. Gli antichi non hanno avuta la facilità che abbiamo noi di cambiar le scene, e per questo ne osservavano l’unità. Noi avremo osservata l’unità del luogo, sempre che si farà la commedia in una stessa città, e molto più se si farà in una stessa casa: basta che non si vada da Napoli in Castiglia, come senza difficoltà solevano praticar gli Spagnuoli, i quali oggidì principiano a correggere quest’abuso, e a farsi scrupolo della distanza e del tempo. Onde concludo, che se la commedia senza stiracchiature o improprietà può farsi in iscena stabile, si faccia; ma se per l’unità della scena si hanno a introdurre degli assurdi, è meglio cambiar la scena e osservare le regole del verisimile.

Lelio. E io ho fatto tanta fatica per osservare questo precetto.

Orazio. Può essere che la scena stabile vada bene. Qual è il titolo della commedia?

Lelio. Il padre mezzano delle proprie figliuole.

Orazio. Oimè! Cattivo argomento. Quando il protagonista della commedia è di cattivo costume, o deve cambiar carattere contro i buoni precetti, o deve riescire la commedia stessa una scelleraggine.