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L'ADULATORE 497

Brighella. Quel che la comanda; anderò via, no la supplico de tenirme, ma solamente che la me ascolta per carità.

Sancio. Via, sbrigati, cosa vuoi?

Brighella. Son vint’anni che son al servizio...

Sancio. Se fossero anche trenta, non sei più buono, non fai più per me.

Brighella. Chi ghe l’ha dito, Eccellenza, che no son più bon?

Sancio. A te non devo rendere questi conti. Sei licenziato, vattene.

Brighella. Anderò, pazienza, anderò. Ma zacchè ho d’andar, almanco per carità la fazza che i me daga el mio salario che avanzo.

Sancio. Come? Avanzi salario? Di quanto tempo?

Brighella. De do mesi, Eccellenza; ma no solamente mi, ma tutta la servitù. E avemo d’andar via, senza quel che s’avemo guadagnà colle nostre fadighe?

Sancio. Non posso crederlo, lo il denaro l’ho dato, e voi sarete stati pagati.

Brighella. Ghe zuro da omo d’onor che no semo stadi pagadi. In vint’anni che la servo, polela mai dir che gh’abbia dito una busìa? Che gh’abbia mai robà gnente?

Sancio. Ma come va la cosa? Il denaro l’ho dato al segretario.

Brighella. Do mesi l’è che non avemo un soldo, e perchè son andà mi a nome de tutti dal sior segretario, el n’ha perseguità, el n’ha fatto licenziar, el n’ha cazzà via.

Sancio. Eccolo ch’egli viene. Sentirò da lui.

Brighella. Son qua a sostener in fazza sua...

Sancio. Va in sala e aspetta, che ti farò chiamare.

Brighella. Eccellenza, se el parla lu...

Sancio. Va via.

Brighella. (Ho inteso. No femo gnente). (da sè, parte)

SCENA III.

Don Sancio e Don Sigismondo.

Sigismondo. (Brighella ha parlato col Governatore). (da sè)

Sancio. Don Sigismondo, venite qui.

Sigismondo. Eccomi ai comandi di V. E. (gli bacia la vesta)