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IL POETA FANATICO 585

Rosaura. Amore, involto ne’ tuoi lacci ho il core,

     Nè che si sciolga e lo sprigioni io chiedo,
     Poichè in van spargerei le voci ai venti.
     Chiedo soltanto che l’aspro rigore,
     Onde assalire e circondar mi vedo,
     Per te in parte si tempri, e si rallenti.
     Chiedo de’ miei tormenti
     Scemato il tristo e grave
     Peso, che oppressa m’ave;
     Chiedo che tua pietà mi porga aita,
     Prima che manchi in sul finir mia vita.
Aspra è la piaga, che nel seno impressa
     Fu dallo stral che non ferisce in vano,
     E di colpo leggier pago non resta;
     Ma dello stral la ferrea punta istessa
     Del mio leggiadro feritore in mano
     Alla piaga letal balsamo appresta.
     Quella che pria funesta
     Parve cagion di pianto,
     Ora è il mio più bel vanto.
     Perdona, Amor, se il pentimento è tardo,
     Amo e stringo i tuoi lacci, e bacio il dardo.
Porre vogl'io delle bilance a un lato
     L’aspre pene sofferte e i crudi affanni,
     E dall’altro un piacer solo amoroso,
     E vedrò questo di recente nato
     Premer sua lance, e dei passati danni
     Vincere il duro grave peso annoso.
     Amor orgoglioso
     Più in suo voler non sembra;
     Di lui più non rammembra
     L’alma, che lieta fassi, il crudel modo,
     E lieta piango e de’ miei pianti io godo1

  1. Segue in Bett.: «Canzon, che breve or sei, - Come dei dolor miei - Fu breve il rio momento, - Or più bella ti rende il mio contento. Tutti applaudiscono».