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ALL’ILLUSTRISSIMO

SIGNOR CAVALIERE

FRANCESCO DE’ MEDICI

PATRIZIO FIORENTINO.


L
'UMANA felicità, Illustriss. Sig. Cavaliere, direbbe il Poeta essere come l’Araba Fenice, che si crede vi sia, ma non si sa dove si ritrovi; tutti la cercano, pochi sono quelli che la conoscono, e credo che pochissimi sieno quelli che di possederla si vantino. Mancano i mezzi a taluno per rintracciarla, a talun altro manca il merito per conseguirla. Vi è chi non può esser felice per difetto di natura, v’è chi non può esserlo per difetto di volontà; poichè, cercando l’umana felicità tra i vizi, o tra i piaceri scorretti, trova in cambio di essa le amarezze, i pericoli, le disavventure. Io certamente sono uno di quelli, che lusingar non si possono di possederla, ma ho sempre desiderato conoscerla, e con que’ principi di Morale Filosofia, che Dio mi ha impressi nell’animo, sono andato attentamente osservando quelle persone che mi parevano esser felici, per istabilire se veramente lo fossero. Per formare un tale giudizio, conosco anch’io che non bastano le osservazioni, che far si possano su i caratteri delle persone, e nè tampoco sulle azioni loro, poichè la vera felicità consiste nella contentezza del cuore, e questo occultandosi per lo più dalla malizia degli Uomini, a pochissimi si vede in fronte, ed è sempre equivoco e pericoloso il giudicare di essi. Vi sono però certi adorabili temperamenti, che hanno la sincerità per costume, che mostrano a tutti il cuore e colle parole e colle azioni loro, e fra questi andava io rintracciando l’Uomo felice, perchè se non lo è, merita almeno di esserlo.

Parmi di averlo già ritrovato, e se l’umana felicità, Illustriss. Sig. Cavaliere, non alberga nel vostro seno, io non saprei in qual altra parte del Mondo continuare lo studio di rintracciarla. Non